TURRICAN
di @Luca Abiusi

Vedi queste piattaforme sopraelevate e sai che esiste un modo per conquistarle. Sono dei segnali. Puoi ignorarli, procedendo in orizzontale, o puoi decidere per l’ispezione degli spazi, su alture da cui effettuare il salto nel buio, e forse atterri su di una struttura-atollo che è il primo gradino verso la scalata al bonus radicale. All’interno dello spettro del videogioco in multiscorrimento Turrican eccede: usa il fascio elettrico, libererai i blocchi invisibili. E se spari questi rilasciano nuove armi, rifornimenti energetici e barrirere protettive temporanee. Ma quando vi balzi sopra vedi che la schermata va su a scoprire il percorso alternativo che porta verso l’alto chissà dove. Procedi verso l’alto: ti verrà elargito un sacco di vite extra. Turrican è questo. Un fulgido esempio di level design. La visione di una mente mirabile che vuol giocare a fare dio e che vuol portare a nuova scrittura il platform game della tradizione arcade attraverso l’innesto del seme della grandezza. Lo spazio. La mappa. L’ascensione. Il precipizio. Turrican descrive il mondo ultradimensionale del pixel, e si appresta a rivoluzionare il videogioco.

In fase di traslazione da Commodore 64 Trenz viene coadiuvato da Factor 5, che si fa carico di rifinire le scenografie, e da Chris Hülsbeck, che realizza la colonna sonora. Per cui il risultato non poteva che definire questo Turrican elevato al cubo, e benché il concept design non venga messo in discussione e per quanto la mappa non subisca modifiche si rileva traslucente la definizione degli sprite, che vengono in parte ridisegnati. Le nuove opzioni cromatiche esaltano i dettagli del Turrican e non meno degli spaventevoli guardiani, per riaffermare su sedici bit quest’idea oltremodo visionaria della fantascienza, che è una specie di incubo in lamiera dove il nemico appresta veloce, dove il pugno gigante comincia a schiacciare e gli alieni-insetto a mordere. Tecnicamente si rasenta la perfezione. La solidità dello scrolling, potente e fluido, e la stessa maestosità delle animazioni – straordinaria la falcata del Turrican – mettono le basi del lirismo della sequenza cult, i lampi che illuminano le caverne del primo quadro, il robot-prensile che urta le pareti del tunnel a far tremare lo schermo, e incutere il terrore che scaturisce dal ferro. Hülsbeck, di suo, insiste sugli elettroni delle super librerie del suono, e adduce sintesi che sono l’orgasmo della modulazione in sedici bit, che poi è a otto bit, visto il microchip custom. Eppure il soundtrack funziona al punto che si vorrebbe che Hülsbeck riferisse sul come sia ad uso assemblare il sound techno, tecnico della frontiera Amiga.

Si è naturalmente mantenuto il confezionamento di lusso, con la sontuosa riproduzione in scala della mappa. In aggiunta a questo, si è implementato il secondo pulsante per i joypad compatibili, in modo di evitarsi di premere la barra spaziatrice. È Turrican. Lui vive. Ri-vive. Ti muovi per queste immense aree e ottieni l’ampiezza multidirezionale a diramazioni che induce l’esasperazione dell’esplorazione, e che si redime con la furia dello sparo. Turrican esige che l’elemento del platform classico e l’oggetto della distruzione dell’arcade di derivazione convivano in modo speculare. Le armi sono visivamente devastanti. Si determinano potenziabili su più livelli. Il laser. Bisogna acquisirne uno, ché con lo sparo tripolare non si va gran che avanti. Trenz fa in modo che l’avanzamento direzionale si risolva nel procedimento di assunzione fotografica, trafficando con il giocatore in un do ut des nascondista che deve traversare il gameplay in forma di compensazione tra numero di vite extra rilasciate e numero di vite perse nel tentativo di tracciarle. Nel 1990 Turrican profetizza l’avvento di una nuova bidimensionalità. La soluzione del procedere in avanti e del vedere quel che accade cede il passo alla visione dello scandaglio, all’opportunità della consumazione spaziale e non più dipartimentale, settoriale, tal che non sia l’atto dell’attacco al mostro in sé a influire sull’azione ma piuttosto il piegarsi all’immanenza delle geografie a creare azione, e come il risultante di una specie di esperimento su cavia. Intanto Trenz osserva e si guarda il nostro trasmutare in sfera, e si esalta del nostro arrancare in ricerca del luogo, mentre si spara, mentre si perde l’ennesima, preziosa vita extra: Turrican è l’esperienza in grado di scavare dentro l’intrattenimento, di superare il ruolo stesso del gioco elettronico e insinuare l’idea dell’opera resistente al trascorrere delle ere.










  Piattaforma Amiga ECS / OCS / CDTV
  Titolo Turrican
  Versione Europea
  Anno immissione 1990
  N. Giocatori 1
  Produttore Rainbow Arts
  Sviluppatore Factor 5
  Designers Achim Möller, Holger Schmidt, Manfred Trenz, Andreas Escher, Sebastian Ulrich Dosch
  Compositore Chris Hülsbeck
  Sito Web www.factor5.de
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 2
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 1
  WHDLoad Sì [link]
  Genere Platform / Shooter
  Rarità
  Quotazione 70 - 100 €
  OST Sì [Turrican Original Video Game Soundtrack, 1993, Kaiko]

 

Il videogioco viene programmato da Manfred Trenz ed Andreas Escher sul Commodore 64 verso il culmine degli ’80 come possibile tributo a Psycho-Nics Oscar, coin-op Data East del 1985. Ciò nondimeno, i riferimenti estetici tra i due titoli riguarderanno unicamente il design del protagonista. Licenze di conversione verranno rese a Factor 5 per la fascia dei computer a 16 bit nonché a Probe, che si occuperà dei port Amstrad CPC e Spectrum. Ancorché inferiore ad Amiga nella risoluzione come per il suono, il versante Atari ST offre manifesta somiglianza e non compromette il gameplay. Sui menzionati 8 bit il codice viene scritto in parallelo, ma per quanto le due versioni tendano a equivalersi è su Amstrad che il port da Commodore 64 riesce meglio per una velocità di animazione generalmente superiore. Il blocco delle versioni console se lo aggiudica Accolade, che ne gira la programmazione a Code Monkeys. Quindi Mega Drive e PC Engine realizzano lo spettro cromatico di Amiga però mancando l’equivalenza del suono, che risulta meno radicale. Tuttavia il gioco è lo stesso. La versione Game Boy è un capolavoro.