KILLER INSTINCT
di @Marco Benoît Carbone

killerinstinctcover2.jpg (25680 bytes)Killer Instinct emerge dalla metà degli anni Novanta come un fossile ludico ancora del tutto verde nello spirito: il gioco è dotato di personalità ludica ed estetica così distintive da fargli fare testo a sé nell’affollato panorama di picchiaduro a incontri dell’epoca. Col senno di poi, le accuse dei detrattori hanno mostrato dei fianchi decisamente deboli. Killer Instinct, infatti, era soltanto in superficie l’ennesimo picchiaduro trendy e vistoso che tentava di capitalizzare sul genere in voga dall’uscita di Street Fighter II. Queste sono certamente le premesse commerciali del prodotto, ma come marchingegno estetico e soprattutto ludico Killer Instinct va decisamente oltre. Il trastullo iperviolento di Rare si rivela una vera e propria mosca bianca nel panorama storico. Una visione radicale dell’interazione di combattimento, con un principio di combinazione dei colpi radicale, complesso, precisissimo e privo di sbavature, incontra una direzione estetica estrema, tanto barocca quanto autoironica. Il primo colpo che Killer Instinct assesta alla mandibola del giocatore è di tipo estetico. Se i picchiaduro sono stati definiti come una vera e propria versione controllabile del fumetto, come una torsione del linguaggio del comic verso la violenza comandabile, allora si può pure sostenere che Killer Instinct è l’incarnazione definitiva degli scontri con i pupazzi che ci entusiasmavano da bambini (con buona pace di questo o quel “realismo”).

La tecnica che evoca questo sogno è l’Advanced Computer Modelling, padroneggiata dalla britannica Rare – membro del dream team di una Nintendo pronta a sferrare l’offensiva a 64 bit sul fronte casalingo – in un’epoca in cui il 2D tendeva alla profondità, alle campiture ricche, alla sofisticatezza delle frontiere che il rendering digitale opponeva alla mano disegnante del comic giocabile Street Fighter II, o alla digitalizzazione del volto reale operata oltreoceano per Mortal Kombat. Prodotti su potenti workstation, i personaggi e i fondali ritornano sullo schermo con un dettaglio extralusso ottenuto in preproduzione e una quantità di frame d’animazione che per l’epoca ha del miracoloso. Il risultato di questo sforzo tecnologico notevole è un modernismo plasticoso, solenne e ironico, in cui la serietà dei toni – dalla scelta figurale dei personaggi ai fantastici temi musicali sinfonici – è sempre stemperata da uno humour pronto a ricordarci che pur sempre di pupazzoni si tratta: l’uomo torcia, il licantropo, l’alieno di ghiaccio, la vamp superdotata, il ninja integerrimo, il capo indiano, il dinosauro prodotto in provetta, lo scheletro, il cyborg, il pugile e il demonio a due teste si affrontano in una gigantesca implosione di linguaggi estetici, che la mano kitsch e ironica della plastica digitale rende omogenei come una colata di didò sbriluccicante. Quel che più fa la differenza in Killer Instinct è la concezione dei combo che sta alla base e al cuore dell’esperienza giocata, che parte dallo schema di Street Fighter II e ruba a Mortal Kombat solo l’idea della Fatalità sanguinolenta finale e della violenza per approdare a esiti distinti quanto immani. L’idea di costruire combo di lunghezza inaudita per godere delle urla del commentatore che li osanna col loro nome specifico (“brutal”, “monster”, “ultra” a seconda del conto totale dei colpi) non ha la filosofia di un facile accumulo a mezzo di button-mashing – questa sarebbe stata la deriva insanabile di una certa tradizione ancora osannata come “superiore” – ma l’implacabilità logica di un filosofo analitico anglosassone. Killer Instinct è concepito con una grammatica inesorabile che regola e consente la creazione di combinazioni di colpi. I colpi leggeri, medi e potenti, utilizzati nei colpi, seguono una regola intransitiva per cui se si apre un combo con un calcio volante di segno potente, allora il combo dovrà continuare con la pressione di un colpo medio, e medio soltanto, mentre a un “opener” di taglia leggera dovrà corrispondere il linkaggio di un pulsante dal segno potente; e così via.

Se a ogni tipo di colpo “d’apertura” deve seguire una serie di colpi che si attivano con la pressione di un pulsante che bene si accorda con quello precedente, la grammatica non si ferma qui, ma prosegue con dei colpi speciali mediani che “resettano” il segno del combo consentendo di raddoppiarlo con i medesimi principi; tutto questo prima della chiusura in bellezza con le mosse speciali che, inserite in extremis, generano una serie conclusiva di colpi spettacolari. La apertura cumulativa ai combo, tipica di Street Fighter II, è praticamente bandita, consentita solo in termini di blande somme fuorilegge di tre o quattro colpi che hanno solo da invidiare alle complesse costruzioni dei combo più brutali, appannaggio di esperti che diventano depositari delle tecniche più avanzate e idoli della sala giochi. Il risultato di questo incontro tra tecnica ed estetica è uno spettacolo cinebrivido di gragnole di colpi brutali, combo e combo breakers (mosse che ci consentano di spezzare il combo in atto ai nostri danni, regalandoci come buona uscita una modalità berserk) conditi di salse vitali variegate che includono sangue alieno, umano, robotico, fuoco, fulmini e saette ed effetti di una sorprendente efficacia nell’insinuare la sensazione delle ossa rotte. Lo spettacolo prevede anche la rilettura dell’esperienza di Mortal Kombat. Il giocatore eccellente può finire l’avversario con Fatalità ora violentissime, ora ironiche (la prorompente Orchid mostra il seno prosperoso e fa collassare il cuore del malcapitato), sempre estreme e con animazioni personalizzate rispetto alla morte del singolo personaggio. Killer Instinct, però, ancora una volta ci mette del suo, e propone l’Ultra Combo come definitiva brutalizzazione tecnica dell’avversario. Brutalizzazione. Tecnica. Se chi subisce un combo raggiunge un livello di energia vicina allo zero, il dispensatore di violenza ai suoi danni può attivare una sequenza finale e praticamente irreversibile, di inaudita rapidità e ferocia, capace a volte di scaraventare l’avversario verso morte sicura fuori dai ring (che si espandono, ruotano e includono la verticalità come tensione verso un 3D a venire). Killer Instinct è un titolo veramente aristocratico nello spirito e nell’abito, dotato di una logica feroce quanto precisa, con un vero e proprio sistema paradigmatico da studiare per produrre inaudite stringhe di botte. Una mai replicata, eccentrica lettura britannica della logica applicata al procurare dolore, Killer Instinct è portatore di un’idea estrema e radicale del beat’em up, originale quanto implacabile, dominata da un campo di forze che necessita dell’applicazione grammaticale dell’appassionato e non esita nell’amputare senza alcuna pietà o concessione il tentativo d’assalto casuale del principiante. Se Killer Instinct sarebbe piaciuto a Ferdinand de Saussure rimane cosa da congetturare. Quel che è certo è che si tratta di un titolo potenzialmente per tutti, ma consigliato in effetti solo e soltanto a chi ama frequentare il regno dell’eccellenza del controller, in territori in cui i bocconi di ultra-violenza digitale vengono consegnati con il sapore gotico e cinico dello humour britannico.












 

  Piattaforma Coin-op
  Titolo Killer Instinct
  Versione World
  Anno immissione 1994
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Midway
  Sviluppatore Rare
  Designers Kenneth Alan Lobb, Chris Tilston, Mark Betteridge, Kevin Bayliss
  Compositori Robin Beanland, Graeme Norgate
  Sito Web www.rare.co.uk
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 6
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Laterale/Sprite scaling
  Risoluzione 320 x 240
  Formato Rom & HDD - Midway Killer Instinct Hardware
  Emulazione Completa [testato su MAME]
  Genere Beat ’em up
  Rarità
  Quotazione 150 - 200 €
  OST Sì [Killer Instinct- Remastered, Remixed, Rare, 2012, Bandcamp] [Super Nes Edition]

 

Nell’agosto del ’95 l’edizione Super Nintendo subisce pesanti modfiche. Le grafiche in simil-3D vengono rimosse in favore di un effetto differenziale e di occasionali episodi in Mode 7. Il dettaglio degli sfondi è generalmente compromesso. Manca lo scaling. Manca il full motion video. Va comunque detto che il port grossomodo conservi il gameplay del coin-op e che il suono sia a questi assai accostabile. Di fatto le capacità tecniche della console vengono spinte al limite. Sul Game Boy Cinder e Riptor vengono rimossi assieme a buona parte delle mosse originali. In compenso, l’estetica è riuscita sul fronte del rendering e le animazioni convincono. Nel 2014 la versione arcade perfect del picchiaduro è resa scaricabile nello store di XBOX ONE sotto il nome di Killer Instinct Classic.