THE OUTFOXIES di @Luca
Abiusi
Un
istante prima di trasferirsi alle tecniche
tridimensionali Namco dà alla luce videogioco
complessivo bidimensionale di nome Outfoxies. Si può fare ogni cosa in Outfoxies: sparare correre nuotare volare. Si può
inoltre ingaggiare una guerra su di un treno in corsa,
abbattere un edificio, improvvisare un corpo a corpo usufruendo di uno a
caso tra gli oggetti a
portata di pixel. Azione, interazione, progressione, slash ’em up, rock
’em up, orgia di sprite;
si è persuasi che fra duemila anni, qualora l’archeologo con le
orecchie a punta rinvenisse un coin-op funzionante di Outfoxies questi dovrà per forza
richiamare la sua squadra
di venusiani per organizzarvi tornei a eliminazione, lì sulla luna. Immune al
processo dell’obsolescenza, la opera Namco assume spessore
proporzionalmente gli anni trascorsi dal suo rilascio, per essere al più riferibile a un pugno di altri
videogiochi, da che il qui stante Outfoxies le sue idee brillanti le mette in opera
mediante un procedimento a incastri che risulti pressoché sistemico, che vuole disfarsi della funzione del consumo lineare e acquisire
il gameplay scientifico delle megastrutture che collassano.
A una valutazione preliminare, The Outfoxies evidenzia gli
oggetti del picchiaduro a incontri. Un misuratore di energia per figura e
vince chi resta in piedi. Tuttavia Namco, oltreché ampliare il concetto di beat’em up,
ne ridefinisce gli spazi e crea un ambiente esteso riconducibile a due azioni: cercare e
distruggere. All’interno di strutture in progressiva evoluzione, che retrocedono fino al
piano sequenza per zoomare gradualmente con l’avvicinamento fisico dei due opponenti, si
partecipa di grande devastazione e non arginabili violenze. Ci sono sette
personaggi. Vi è
ragazzona in minigonna. Arriva il prototipo del killer à la City Hunter
eppure non sono questi i
reali protagonisti. Il fulcro è l’ambiente. Il contesto. Che è mutevole, in
continua trasformazione, che va usato in quanto accelerante o deterrente del comportamento
tattico intercorso: all’interno del grattacielo ci si muove sfruttando le scale,
rampicando su piattaforme sovrastanti oppure azionando gli ascensori, essenziali
per l’evasione rapida e utilissimi per un eventuale aggiramento
diversivo. Intanto, fra
colpi di bazooka e incetta di granate, le pareti dell’edificio iniziano a sgretolarsi
investendo il quadro e creando il caos dei dissesti e i rotolamenti nella
vasca dei piraña; i frammenti del soffitto crollano in testa, il pavimento
inizia a cedere completamente
rivelando i piani inferiori e così modificando radicalmente il contesto, che nuovamente
trasmuta e che ancora evolve, riorganizza, determina la direzione dello scontro.
Sul treno si respirano le atmosfere di
Mission: Impossible. A grande velocità ci si dà la caccia intavolando
furiose le sparatorie sul tetto non curanti delle imminenti gallerie, che se
non ti abbassi in frazioni di secondo vieni sbalzato fuori e stritolato.
L’esplosione dà per reazione lo stallo, sull’aereo militare. Ma cosa
importante è possibile assumerne temporaneamente il controllo incidendo in
modo attivo sulla riserva vitale dell’altro. Vi sarà uno stage ambientato
nel circo, coi trapezi e gli elefanti, e uno all’interno di una nave. Il
coefficiente di interazione è assoluto, inimitato ancora adesso su certi
schemi comportamentali di rilascio, quando finiscono le munizioni e
scaraventi l’arma addosso il nemico o afferri per uguale funzione un oggetto
solido risiedente in prossimità. Outfoxies non butta via niente. Gli
sviluppatori costruiscono le aree di scontro rispettando un rigoroso
ridimensionamento in scala, e nondimeno realizzano quel che si potrebbe
definire il level design perfetto: l’azione catastrofica
stante a video manifesta armoniosa la demolizione in uno spaccato i cui
pezzi si smontano e intersecano secondo il principio dinamico della
causalità. Namco
investì parecchie risorse sul videogioco Outfoxies. Sebbene la scheda su cui girava non
risultasse molto più performante dei sistemi Taito e Capcom, lo sforzo di programmazione
sa generare grafiche bidimensionali di incredibile complessità sul movimento
di cinepresa, e le animazioni assumono la continuazione del frame, gli effetti speciali profusi
in dosi considerevoli creano l’unicità del teatro di battaglia sullo zooming
che allarga e allontana, che coordina spazi di quaranta, cinquanta
metripixel. Il suono crea il frastuono del bombardamento e segue l’incalzare
di una traccia da action movie di produzione Hong Kong. Siamo
seriamente propensi a collocare The Outfoxies tra i dieci videogiochi più
influenti della
storia.


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