PERSIAN GULF INFERNO
di @Luca Abiusi

persiancover2.JPG (17082 bytes)Non deve per forza essere grande estetica, il videogioco Amiga degli anni Ottanta. Piuttosto, è sufficiente che le scenografie reggano l’idea dell’interazione hardcore, che è quel che succede nel caso di Persian Gulf Inferno, titolo Innerprise del 1989 il cui fascino spionistico si erige sulla figurazione militarista/esplorativa orizzontale; sussiste condizione di terrorismo, uomini cattivi col turbante e i fucili mitragliatori. Un gruppo di islamici s’è impadronito della più estesa riserva petrolifera del Medio Oriente e Noi, nichilisti 007, si dovrà così risolvere la crisi arma in pugno, come era opportuno che accadesse, penetrando all’interno della riserva, dove è inoltre stato piazzato l’ordigno nucleare. Sicché, oltre a dover far fuori i nemici che apprestano, si dovrà sorbirsi la spada di Damocle del countdown, e per questo si dovrà agire, oltreché in circospezione, anche in forma di corridori contro il tempo. Persian Gulf Inferno è un capolavoro di azione e ispezione, opera che incomincia con il silenziatore ma che poi diventa urgenza di stragismo, bisogno di Chuck Norris.

L’area esplorabile è veramente ampia. Si riterrà opportuna mappatura degli spazi solcati, per non cedere alla trappola del ripercorrimento circolare. Cioè si dovrà letteralmente prelevare un foglio e disegnarvi uno schizzo, e va bene che si fa mansione assai macchinosa, ma in fin dei conti il magnetismo Innerprise – Parsec, invero, gruppo interno – vige proprio sulla necessità dello scandaglio serio. Tutt’altro che amichevole sul lato del primo impatto, Persian Gulf Inferno vuol farsi apprezzare sul fronte del realismo delle sparatorie, che sono francamente leggenda. I proiettili non li vedi: tu spari e realizzi la fisica d’impatto, il fiotto di sangue, e si capisce perché tempo dopo si operò di censura, con la versione per minori di anni dieci rinominata North Sea Inferno. Chi legge è avvisato. Bisogna liberare gli ostaggi. Vengono tenuti prigionieri all’interno di camere rinforzate, e si deve acquisire il pass, la chiave, l’oggetto di upgrade, il fucile, e vi è da far saltare le serrature in modalità stealth. Il gioco vive di alti e bassi dinamici. Lì dove le sequenze a mano armata useranno alternarsi ai momenti di serrato studio del territorio, si parteciperà compiaciuti dei tempi nuovi che il team realizzatore innesca all’interno di un percorso a struttura lineare ma di evoluzione, che è parallelo il platformismo e che mira a istituire la frontiera dell’avventura in celluloide. L’impalcatura regge. Si vuole vedere cosa succede, anche quando si muore – e accade spesso – e si deve ritornare al punto d’inizio.

Si dispone per un videogioco mediamente infernale. Difficile. Ma anche, e bisogna dirlo, efficacemente logevo, poiché privo di save point e relativi continue. Titolo che si adegua al suo tempo, quando gli autori caucasici si guardavano bene dall’assecondare il gameplay, e quando la disfida prodotta doveva garantire un tipo di interazione evidentemente piegato alla variabile della frustrazione. God of War è ultimabile. Persian Gulf Inferno non è ultimabile. O almeno apparentemente. Non lo finisci ridendo e scherzando, questo è il fatto. Si può stare giorni a cercare di trovare la via di accesso alla ricarica munizioni, che è basilare, per poi abbandonare perché l’imperituro terrorista è sbucato alle spalle, come un fantasma. Invece è necessario insistere, ché in verità il gioco continuato dura mezz’ora al massimo. Perseverare. Grafica interessante. Malgrado la rivedibile colorazione si dovrà di forza notare l’eccellente animazione dei pupazzi nonché un character design clamorosamente riuscito. Lo scrolling scrolla impeccabile. Inoltre i caricamenti risultano ridotti all’osso, cosicché anche i possessori di Amiga 500 base siano la felicità dei titoli lanciati via WHDLoad. Il suono focalizza sulle campionature. Si udirà schiamazzi in arabo, spari, rumore di spari, rumore di passi, esplosioni. Onore a Innerprise. Il videogioco riferisce sul video la profondità dei titoli impossibili tipo missione impossibile, è innegabile, e si mette a stuprare senza vedere di bilanciare le zone di marasma dove il caricatore si scarica, ma anche senza lesinare sullo spettacolo dello sparo, e concede immane questa ibridazione fra libertà di spostamenti e precisione dei sistemi di controllo. Si può fare la capriola di Flashback. E può fare scuola, Parsec, negli anni Ottanta. Per cui venga di prescia scritto che questo è attrezzo per chi ama la sofferenza. E le uccisioni.










  Piattaforma Amiga OCS
  Titolo Persian Gulf Inferno - Germany: North Sea Inferno
  Versione Europea
  Anno immissione 1989
  N. Giocatori 1
  Produttore Innerprise / Magic Bytes [micro-partner]
  Sviluppatore Parsec
  Designers Allan B. Pedersen, Jim Rankenberg, Kevin Mikkelsen
  Compositori Allan B. Pedersen, Jim Rankenberg
  Sito Web ...?
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 1
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 1
  WHDLoad Sì [link]
  Genere Stealth platformer
  Rarità
  Quotazione 40 - 50 €
  OST No

 

Il videogioco esce in Nord America nel 1989 sotto etichetta Innerprise. Questi verrà distribuito in Europa da Magic Bytes nel 1990. Dopo essere entrato nella “Black List” del BPjM (Bundesprüfstelle für jugendgefährdende Medien) Persian Gulf Inferno viene bandito dal suolo tedesco e quindi in loco ristampato come “North Sea Inferno” con le censure del caso – i nemici uccisi scompaiono, e non vi è traccia di sangue – e col livello di difficoltà ricalcolato verso il basso. Nel 1991 ne vengono licenziate conversioni per Atari ST e Commodore 64. La prima risulta generalmente uguale all’Amiga, ancorché claudicante nello scrolling e in fase di animazione. La seconda, che è notevole sul rifacimento del character design pur col taglio di risoluzione, realizza un sensibile revisionamento del gameplay.