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 NINJAKUN Majou no Bouken di @Luca 
Abiusi 
 Baccanale a scalare per Ninjakun Majou 
no Bouken. Il Ninja SD
    parte sempre dalla base di un agglomerato roccioso, o di un castello, lanciando stellette
    verso i nemici con la testa grossa fino ad arrivare alla cima, dove solitamente attende
    un omino testa grossa più cattivo. Un anno prima di 
Super Mario Bros., Ninjakun
    introduceva il salto schiacciatore, che se eseguito con puntualità stordiva gli avversari
    e ti rendeva gli stessi vulnerabili agli shuriken. In realtà le meccaniche aeree sono
    anche più significative di quanto lo sarebbero state sul titolo Nintendo. Saltando e urtando
    i nemici, anche di lato, il ninja non muore. Rimbalza. I tempi di collisione realizzano un
    interessante effetto domino a carambola, che a un livello avanzato può ripulire strisce
    intere di ninja nani attraverso un solo salto mirato bene. Ninjakun è invecchiato
    benissimo. Le rapide manovre di salto e discesa creano una azione fluida e sinuosa, che
    appassiona, che invoglia a completare i quadri per scoprire i nuovi mostri microbi. Nel
    1984 di titoli con una giocabilità così calibrata non ve ne erano in giro, per questo a
    Ninjakun ci giocavano tutti.
    I meriti del titolo UPL vanno ben oltre la 
	normalità acquisita dei titoli di genere platformista. Le piattaforme di 
	Ninja Kid sono diverse. Il pupazzo salta sempre in diagonale trovando 
	appiglio a tasto premuto: determinata la presenza del cattivo sovrastante, 
	si avrà giusto una frazione di secondo per decidere come e dove effettuare 
	il balzo, affinché il medesimo possa cozzare sulla traccia direzionale degli 
	antagonisti. Acquisita velocità di spostamento, il gioco diviene una 
	successione appassionante. Pupazzo gnappo muore solo se colpito dalle 
	stellette avversarie, o da qualsiasi altra arma a distanza; tutto ciò 
	avvantaggia il ritmo e scongiura il pericolo di frustrazione post-traumatica 
	da affollamento. Non che il titolo non sia pieno di sprite, ma la 
	disposizione di questi ultimi mette in luce una buona calibrazione della 
	A.I., che vedremo affinarsi col passare dei livelli. L’impossibilità di 
	continuare la partita è comunque un fattore limitante. Tre vite passano in 
	fretta, e ricominciare dal primo livello dopo averne completati trenta tende 
	a scoraggiare anche il più tenace dei maniaci retrogiocanti. Altro difetto 
	oggettivo del Ninjakun di UPL risiede nella scarsa diversificazione 
	strutturale dei livelli, visto che la alternanza tra castello e roccia volge 
	a ripetersi in modo sistematico, con giusto qualche quadro bonus di 
	intermezzo. Ma non ci si fa troppo caso. Il gameplay resta solido in quanto solido è il
    concetto di gioco, votato a una sconcertante essenzialità. 
    Non si può fare a meno di essere Ninjakun. Vedi i
    nemici scemi e non resisti all’impulso di quest’idea antica che vuole 
	incollar Noi al
    monitor e non concedere la respirazione. Negli anni ’80, quando ancora non 
	esistevano i gettoni appositi, con cento lire si poteva saltare a cervello sgombro fra pupazzi
    pazzi e in un contesto che poteva essere del medioevo dei ninja e dei samurai; 
	l’elementare
    sistema di controllo a due tasti esalta la logistica della piattaforma successiva, e ci si
    trova a premere i pulsanti in modo compulsivo, ad aggrapparsi alla summa del
    livello sotto ipnosi. Gradevole sovviene la estetica degli sfondi in virtù di un discreto dettaglio,
    il quale ben restituisce l’idea scenografica, e assai riuscite si realizzano le colorazioni,
    che creano attraverso lievi sfumature una buona sensazione di profondità. Tuttavia, e
    come prevedibile, è la caratterizzazione a rendere unico Ninjakun. Il buffo protagonista
    rotondo si gira e si volta a sfidare i nemici con espressione beota, e quando viene
    colpito si lascia cadere con gli occhi che schizzano dalle sua orbite. Non meno curate le
    animazioni dei clan e dei mostri, fra emissari in tenuta nera, fantasmi, orchi, oni. Ogni
    singolo personaggio si integra al video rispettando l’archetipo della esteriorizzazione
    elementare, per acchiappare l’immaginazione dell’infante e dell’adulto in una visione
    grafica neoclassica, in assoluto controllo simmetrico. Ryuichi Nishizawa, 
	profeta al tempo delle avanguardie del videogioco,
    sperimentava su quei criteri ipercromatici di fumettismo che avrebbe in seguito perfezionato
    con la saga di Wonderboy, pianificando di fatto l’orientamento artistico di
    Taito, Hudson e Sega. Ninjakun, nei primi anni ’80, è opera basilare. E il 
	programma merita d’essere riconsegnato alla luce in quanto figurazione della 
	cultura degli arcade a grafica bidimensionale. 
  
  
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