F-1 DREAM
di @Tommaso Torresi

f1dream_flyer2.png (39361 bytes)Dov’ero rimasto. Ah sì, macchinina. Da non confondere con machinima uh-uh. Il macchininismo era un’ossessione: macchinine che correvano su pavimenti e parquet, moquette e tappeti, giardini e spiagge; schiantate sui muri, volate giù da balconi, vi erano quelle di plastichina sottile che si frantumavano dopo una manciata di minuti, e quelle indistruttibili di ferro massiccio. Chevrolet Corvette, furgoni dell’A-Team, Tyrrell a 6 ruote – protagoniste di mille avventure a metà tra Supercar Gattiger e le gesta di Senna e Prost. E poi certo, c’erano i videogiochini di macchinine con i quali emulare gli eroi delle corse in tv, senza patema di distruzione della collezione di macchinine, e dunque non ce ne facevamo scappare uno, certo. Fra gli altri vi era codesto F-1 Dream che non appariva granché eccitante, deprivo di volanti e pedali, esteticamente per niente scintillante, stava lì in un angolino desolato e solo di tanto in tanto un tizio occhialuto piuttosto anziano, tipo 19 anni, ci passava delle mezz’ore; però nelle schermate di “insert coin” campeggiavano la scritta Capcom e le facce digitalizzate di quei ben noti piloti della domenica, seppur con ridanciani nomi storpiati: non ci si poteva di certo esimere.

L’impatto iniziale è quantomeno spiazzante; se da un lato il giochino, pur con le sue automobiline super-deformed, si mostra fautore di un certo qual realismo emergente dal credibile design dei circuiti, dalla possibilità di opzionare un motore turbo o meno, dall’implementazione del pit stop nonché del time trial per decidere la posizione sulla griglia di partenza, d’altro canto i primi giri in pista rivelano un ostico sistema di manovra discostantesi alquanto dallo standard de facto dei corridori dell’epoca, per cui ci si aspetta di utilizzare i due bottoni a guisa di acceleratore e freno, e lo stick per sterzare a sinistra e destra come se ci si trovasse a bordo del mezzo; così facendo, la macchinetta sembrerà del tutto incontrollabile, ruotando impazzita su sé stessa senza mai prendere velocità. Piuttosto si tengano premuti i due pulsanti come fossero le marce, dunque prima l’uno, poi l’altro, poi entrambi per attivare il turbo, e si manovri in tutte le otto posizioni possibili in accordo con la direzione che si vuol dare al mezzo, in modo da riprodurre con la levetta le traiettorie di curvoni e chicane, in atteggiamento a ben vedere non dissimile da quello con cui le manine unte di noi decenni maneggiavano la suddetta Tyrrell esagommata in miniatura. Sembra un pastrocchio, nevvero? Ma una volta che se ne siano comprese le meccaniche, questa formula macchinina regala palpitazioni e soddisfazioni in forma di passaggi sul cordolo a tavoletta, tagli di chicane sul prato con guadagno di cinque posizioni e vittorie con sorpasso al fotofinish; in breve tempo si completerà con discreti piazzamenti la prima tornata sui quattro tracciati disponibili in classe F3000 per passare alla classe regina come da titolo, dove la sfida si fa dura: le vetture arrivano a oltre 400 km/h (sic) con la pista che si muove sotto di esse in scrolling a velocità sostenuta, i tempi di reazione si riducono sensibilmente e si dovrà imparare a dosare il macchinoso sistema di accelerazione per pennellare al meglio le curve. Oltre a padroneggiare la guida, si tengano d’occhio gli indicatori di tenuta di pneumatici e corpo macchina in modo da passare dai box prima di finire appiedati o peggio con la monoposto ribaltata in fiamme e il pilotino che fugge via; c’è poi il pazzo che attraversa la strada e soprattutto i temibili avversari che hanno la tendenza a venirci addosso: ogni contatto con essi provoca una perdita di controllo che spesso risulta fatale a causa della difficoltà di rimettersi in traiettoria, insita nel sistema di direzionamento, nonché, e questa è nota dolente, del non così sporadico bug che, al contatto con una barriera, ci teletrasporterà in un altra parte della pista o addirittura in un altro circuito, compromettendo la partita in modo irreversibile.

È un giochetto spiazzante, come detto. Così poco rifinito ma intriso di classe e chicche assortite, la manovrabilità insensata ma padroneggiabile, l’indubbia tensione agonistica frustrata dalla tecnica zoppicante. Non è semplice trasmetterne le qualità a qualcuno nato con Playstation. Magari chissà, dopo aver letto questo pezzo ti viene voglia di farti un giro col MAME (nb: dotati quantomeno di un arcade stick) e poi pensi «ma che è sta cosa ma di che cianciano questi» e stacchi dopo venti secondi. Ci vuole cultura, che non vuol dire citare Quarto Potere uh-uh, ma essere archeologi, malinconici, consapevoli che negli anni ’80 i pionieri andavano per tentativi, ché se Capcom fa un racer non pensi alla tecnica. Per mollare le duecentolire basta il fattore M.








 

  Piattaforma Coin-op
  Titolo F-1 Dream - F1ドリーム-
  Versione Europea
  Anno immissione 1988
  N. Giocatori 1
  Produttore Capcom, Romstar (US)
  Sviluppatore Capcom
  Designer ...?
  Compositore Manami Matsumae
  Sito Web www.capcom.co.jp
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 2
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Multidirezionale
  Risoluzione 256 x 224
  Formato PCB - Capcom 68000 Based
  Emulazione Completa [testato su MAME]
  Genere Racing
  Rarità
  Quotazione 50 - 70 €
  OST No

 

Fra i tocchi di classe di F-1 Dream, si possono notare ad esempio le pubblicità in pista dei giochi Capcom Tiger Road e Ghosts’n Goblins. La cura nella rappresentazione della vera Formula 1 si osserva nella scelta fra motore turbo o meno, che rispecchia la transizione dai motori turbo a quelli aspirati che avvenne in quegli anni, e il sistema di punteggio analogo alla realtà del tempo, che assegnava 9 punti al primo classificato, 6 al secondo, e poi 4, 3, 2 e 1 punto alle restanti posizioni fino alla sesta. Di seguito le immagini relative ai piloti A. Prast (Prost), N. Munsel (Mansel), A. Sema (Senna), G. Beroga (Berger), S. Nakatima (Nakajima), S. Yosanson (Johansson) ed N. Pake (Piquet). L’anno successivo all’uscita, il titolo fu convertito per PC Engine da NEC Avenue, che aggiunse una sezione iniziale con gare in strada, e ricompense monetarie con cui acquistare parti meccaniche per incrementare le prestazioni.