HIGHLANDER: Vendetta Immortale
di @Luca Abiusi

“Il cinema è un’arte che implica il bilanciamento di storie, personaggi e immagini. Tuttavia, è principalmente un mezzo visivo.”...Yoshiaki Kawajiri

Film che trattiene potenza, fin sotto l’egida di una joint venture nippo-americana che avranno formato per contentare un certo pubblico caucasico di bassa lega, eppure se a dirigere il film suddetto chiami uno che all’anagrafe risulta iscritto come Yoshiaki Kawajiri devi poi mettere in preventivo che questi tiri dritto per il sentiero dell’autoaffermazione, puranche ricorrendo a qualche trucco, a far credere ai finanziatori che davvero si volesse acquisire una soluzione stilistica di compromesso, per continuare intanto sottotraccia un percorso di meticolosa rimappatura dello spazio, ché per il regista di Ninja Scroll e Vampire Hunter D: Bloodlust non è infine realizzare sequenze di scorrevolezza ma semmai stilizzarle, rispetto al rettangolo d’inquadratura, non che a una macchina da presa che verso questi corpi statuari che richiedono che venga loro corrisposto gesto di adorazione deve contrarsi, comminar forza centripeta e senso di gravità.

Vi è una parziale revisione delle trame che furono del primo Highlander, ma non ci si priva del raccordo per flashback; ciò assumendo, se il lungometraggio di Russell Mulcahy insisteva sulla impossibilità (dell’immortale) di stringere legame con l’umanità (mortale), in “Vendetta Immortale” è per dunque il dilemma del castigo disatteso a veicolare un significato di qual certa inesorabilità, pur quando l’intrusione del trasmigramento dell’anima intenda alleviare, se non addirittura ribaltare l’assunto del persistere ingabbiati in un flusso di eventi asettici, dove la memoria di chi è vissuto si dissolve. L’incollatura dell’azione corrente di post-apocalisse al ricordo del perduto splendore del passato ricorrente è un meccanismo che funziona. E si guarda, lo sceneggiatore Abramowitz, dal ricamare più del dovuto sulle derive metafisiche e morali che il discorso implicherebbe – a quello ci pensa il regista di suo, che ribadisce la funzione liturgica del “suolo sacro” della cristianità, zona franca da non bagnare col sangue – convogliando mira nel combattimento da ingaggiare ancora e ancora con Marcus Octavius, personificazione del potere di Roma, ma non evidentemente di un “male assoluto” davanti al dovere militare del punimento, che non cede alla misericordia né teme rappresaglia: versando tributo a Ridley Scott e quindi a “I Duellanti” (1977, voto 8.5), “Vendetta Immortale” gioca sulla insanabilità dell’atto della contesa in sé, sopravvivente al tempo e alla ragione, se non persino al richiamo della morte.

La mano di Kawajiri sgrulla il figurativo secentesco, e su richiesta trafigge le membra. Vi è una disciplina da mastro d’armi che deve uguagliarsi al palcoscenico di staticità relativa, per un modello posturale che si dovrà allestire militaresco senzaché la spada venga necessariamente estratta, ché non vi è acquistabile indulgenza nell’arte di Kawajiri ma bensì una percezione di asperità che, ancor meglio in Highlander, volentieri traborda nel modernismo del fucile, a renderne il contrasto con quest’acciaio di katana, lancia o scimitarra che rimane settaggio di smarrite (e ormai dimenticate) generazioni di eroi. L’atto sessuale, estetico, esplicito, diretto non deve venir meno da che «i miei film», Kawahiri insiste, «debbono completarsi attraverso amplessi che ne mettano in luce l’umanità, poiché il sentimento, il romanticismo è anche fatto di carne, di fluidi, di corpi che sanno dominarsi, da che la bellezza sa essere rudimentale, violentissima e lasciva». Si è ricorsi a un discreto ausilio di grafiche in rendering acché si creasse meno dispendiosa l’animazione degli elicotterismi ripresi in volo – per imposizione registica integrati quanto possibile al disegno a mano – e invero il film persegue un binario di solida tradizione bidimensionale per i principali suoi segmenti, che sono quelli scatenanti, quelli da cui il supermotion e il fast-forward successivi traggono il movimento, che è reso in fotogramma veramente esteso, così che il risultato esteriore intervenga a rilevare costante questa refezione di figure umanoidi slanciate, erotiche sculture in marmo di Candoglia che sovvivono per smania di vendetta, o che periscono nel nome della conquista.  













  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Highlander: The Search for Vengeance
  Provenienza Giappone / USA
  Prima immissione 2007 / Home video
  Produttore Madhouse / Imagi Animation Studios / Manga Entertainment
  Regia Yoshiaki Kawajiri
  Fotografia Takaharu Ozaki
  Soggetto David Abramowitz
  Character design Yoshiaki Kawajiri, Hisashi Abe
  Mechanical design Masami Ozone
  Dir. animazione Hisashi Abe
  Compositori Jussi Tegelman, Nathan Wang, HIM (The Sacrament)
  Sito produttore www.madhouse.co.jp
  Formato DVD-Video
  Edizione Itaiana [dall’angelo Pictures]
  Anno edizione 2012
  Numero supporti 1
  Lingue IT / EN
  Sottotitoli IT / EN
  Rapporto 2.35:1
  Compatibilità Region 2
  Durata 85 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona
  Prezzo 4 € circa
  OST No

 

Il film, prodotto della singolare cooperazione tra Imagi Animation Studios, Madhouse e Manga Entertainment consegue un iniziale montato di 95 minuti circa, che per esigenze distributive internazionali e pur contro il volere del regista verrà ridotto a 85. Una edizione “Director’s Cut” in DVD accorpante, oltre agli storyboard di Kawajiri, i dieci minuti omessi nei riversamenti occidentali viene tuttavia immessa in edizione limitata nel coso del 2008, ma esclusivamente in Giappone.