DEMON CITY SHINJUKU: La città dei mostri
di @Luca Abiusi

Allorché questo qui che dice che manca d’essere il miglior Kawajiri lo si comparasse a un anime di estrazione horror casualmente estratto dall’industria degli anime di patrocinio Netflix, assicurandosi di avere dal carteggio esclusi Devilman Crybaby e Castlevania, per non cadere in un cliché di approssimazione attualista succede che questo qui diventa il lungometraggio di animazione di genere del corrente anno, e anche dell’anno che verrà, che non pensiamo che l’anno venturo porterà un anime dell’orrore lontanamente degno del Nostro attenzionamento sacro, a meno che non sia lo stesso Kawajiri, di ritorno dal cerchio infernale del Limbo, a concludere che è tempo di concedere una ulteriore opera-manifesto carente di sceneggiatura, ché la parte dove si deve presentare agli attori/doppiatori un copione da leggere intercorre superflua, nei manifesti dell’arte di Kawajiri. In Demon City Shinjuku ci sono dunque le persone giapponesi che parlano del più e del meno sullo sfondo di una Tokyo maledetta, ma ci sono anche i disegni animati che spiegano la ricerca della santificazione visuale, che sono tutti bellissimi, anche i mostri, e forse soprattutto questi, nel quartiere demoniaco di Shinjuku.

Codesto Kawajiri esplora. Marca bene il territorio. Primi piani di magnetismo. Neri e intensi blu dovunque. Scariche di luci fluorescenti. E sicuro che fa uso intelligente di questi suoi superpoteri che trasformano le cose convenzionali in cose apparentemente colte, come nella sequenza della donna serpente, esibente a mo’ di sedurre maschi alfa carne biancastra con cui stritolare a distanza, ché si doveva scatenare il simbolismo della tentazione/penetrazione dantesca, e rivendicare una specie di purezza di concetto difronte alla chiarezza esteriore di Sayaka, lei sì, ammettiamolo, recipiente di un vasto assortimento di fantasie perverse; l’anime arriva al suo culmine in capo a una suddivisione per microsettori: duello iniziale tra bene e male/rapimento di presidente del mondo/figlia di presidente del mondo che domanda aiuto a maschio beta salvatore del mondo/intermezzo onirico di fantasmi/duello finale tra bene e male. Le figure parlanti mantengono una certa funzione di raccordo; nei (rarissimi) segmenti di staticità del frame vi è un bambino venuto dal nulla che sa destare improvvisa inerzia, sicché allora tal Mephisto induce effluenze di combattimento stylish all’acido, prima di elevarsi a giudice onnisciente e pilotare un laccatissimo acuto di fidanzamento con prole.

L’elemento che circoscrive le ambizioni di Demon City Shinjuku conduce alle carenze del soggetto iniziale, e comunque a un avvistabile, ulteriore impoverimento occorso in fase di riduzione a script. E non che La città delle bestie incantatrici, tra gli anime viscerali del Novecento, potesse investire su chissà quali scritti di manifesta altura, ma pur l’anime superava la costipazione della forma e veniva fuori nel bagliore delle sue figure mostruose trasgredenti, gli atti di violenza, gli stupri, la morte; il vuoto di lessico di Shinjuku viene provvisoriamente colmato dall’acrobatico esercizio di ripresa virtuosa, dal manierismo cui si deve intercedere per fede, ancora che a questo giro l’idea iconografica non sia così dominante, e stenti a sovrastare, annichilire le componenti filmiche altre: sul qui stante videometraggio di cose che aizzano a un qual dato impressionismo metropolitano Yoshiaki Kawajiri commette autoerotismo. Ed è tanta materia prima, altroché. Solo che subito dopo Shinjuku il regista avrebbe realizzato questi due diamanti purissimi di Goku Midnight Eye e Cyber City Oedo 808 dai quali l’essenza di questo tipo di animazione verticalista sarebbe defluita più liquida, abbondevole. Ma è pur vero che la Nostra parzialità inclinata al bisogno di assumere droghe di cromatismi lucidi e squadrature, corpi e cose che ti arrivano dritti frontali quasi trapassando la barriera fisica del televisore dirà che Demon City Shinjuku è film a ogni modo e in ogni caso preservabile, ché l’arte di Kawajiri, anche adesso, la vedi e la senti scorrerti nelle vene.









  Classificazione OAV
  Titolo originale Makai Toshi: Shinjuku - 魔界都市 (新宿) -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 1988 / Home video
  Produttore Madhouse / Japan Home Video / Video Art
  Regia Yoshiaki Kawajiri
  Fotografia Yûji Ikeda
  Soggetto Kaori Okamura
  Character design Yoshiaki Kawajiri
  Mechanical design //
  Dir. animazione Naoyuki Onda
  Compositore Motoichi Umeda
  Sito produttore www.madhouse.co.jp
  Formato DVD-Video
  Edizione Italiana [Dynit]
  Anno edizione 2003
  Numero supporti 1
  Lingue JP / IT
  Sottotitoli IT
  Rapporto 1.33:1
  Compatibilità Region 2
  Durata 80 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona
  Prezzo 5 - 10 € circa
  OST No

 

Come per “La città delle bestie”, l’original anime video di Demon City Shinjuku viene tratto da una precedente storia breve di Hideyuki Kikuchi. Sarà lo stesso Kikuchi, nel 2002, a supervisionare l’omonimo manga per Akita Shoten, dietro illustrazioni di Shinichi Hosama. Nel 2003 l’edizione italiana in DVD dell’OAV, curata da Carlo Cavazzoni per Dynamic Italia, beneficia di un discreto cast di doppiatori. Nel febbraio del 2019 Toei Company produce per il Giappone il remaster in HD formato Blu-ray mediante telecinema 4K da pellicola 35mm, pubblicando in limited edition fornita di storyboard. Basandosi su quest’ultima release, Discotek immette nel luglio del 2020 un primo versante HD nordamericano, che in linea con gli standard dell’editore opziona, oltre al doppiaggio storico, sottotitolatura inglese su traccia giapponese.