MANIE-MANIE: I racconti del labirinto
di @Luca Abiusi

Dicasi manuale che serve a coincidere la statura di una carriera a un’animazione che se va bene arriva a undici minuti. Si sta parlando di Rintaro, e di “Labyrinth”. Poiché «mai visto niente così», come rade voci periferiche vorrebbero in modo lapidario suggerirci di dire, e verosimilmente a seguito di commessa visione di oniriche dimensioni circensi e clown maledetti che passano sul televisore per raccontare di racconti di bambine cui incutere terrore in modalità “Twilight Zone”, sapendo eccome terrorizzare, la serie TV, e ci rammentiamo in proposito di un episodio dove c’era un bambino che materializzava i mostri che se lo vedessimo adesso avremmo gli incubi di nuovo. È che su concessione di una immensa Atsuko Fukushima – si sarebbe maritata a Koji Morimoto, e ci sentiremmo di non darle torto – il virtuoso lavoro di cinepresa viene stirato a caratterizzazione felliniana e sperimentalismi che azzarderemmo d’introdurre in un discorso di fuori campo cadente sul rosso, stante il necessario ausilio di silouhette di contrasto verificabili nella rarefazione della non-realtà di Boogeyman, un incubo di cartapesta abitato da fantasmi e sagome di morte che dicono che era meglio che non entravi.

Manie-Manie: Meikyû monogatari è volontà di fusione di classi animate tra di loro in estemporaneo disaccordo, dimodoché dei tre registi designati si potesse sì eventualmente desumerne la divergenza del metodo operativo, ma non l’idea icastica da contrare all’anime dei serial televisivi, che erano semplificati in tutto, che non potevano permettersi di scansire il significato più trasversale del design de “L’uomo che correva”, un Yoshiaki Kawajiri caduto in trance telecinetica e proteso allo scaling maniacale delle macchine che vengono moltiplicate fotogramma dopo fotogramma, duemila rodovetri, ché ancora non si erano inventate le tecniche di rendering dei mezzi, quelle che verranno introdotte alla fine degli anni ’90 e che per solamente Takeshi Koike a tutt’oggi si guarda, e a ragione, dal farne uso; il cortometraggio mette in atto una super corsa ad anelli concentrici con integrata un’ossessione di acceleramento che provoca sindromi da schiacciamento di crani, per meglio ritoccare in eccesso il cinismo di Rollerball – quello vetusto di Norman Jewisone, 1975, voto 8 – e avviarsi a una conclusione metafisica del pilota invincibile che surclassa la barriera incorporea del pensiero viaggiando all’interno di una spirale di futuri quantistici traverso cui misurarsi contro i sé medesimi digitali in un continuum disgregativo paradossale. Il microfilm dice assai su quelli che nel giro di qualche anno sarebbero diventati i fondamenti del cinema di Kawajiri, riconoscendovi in esso il deciso zoom dello spettro diagonale quanto la neoavanguardia della trasfigurazione antropometrica delle strutture umanoidi.

Nell’episodio conclusivo – che tecnicamente non lo è: l’epilogo svelerà il finale di “Labyrinth” – Katsuhiro Ôtomo cementifica le basi dello script che avrebbe reso Roujin Z così sottile e ironico, nel ’91, per cui si vede il regista ripiegare nella variabile del robot automa che all’improvviso realizza di dover fare a meno del plusvalore degli uomini, nonostante che il “campo di contesa” venga qui ridistribuito in un groviglio forestale che funzionasse da saracinesca tra la civilizzazione e il luogo impervio, microcosmo non ancora contaminato dall’industria. Sebbene per poco ancora. Ma la sorridente direzione parodistica, che a modello usa prendersi l’androide fantozziano che perde i pezzi, non impedisce a quest’Ôtomo curiosamente ecologista di ammonire circa i pericoli dell’invasività della manodopera meccanica, che (inevitabilmente) finisce per corrompersi a immagine dell’uomo; di “Interrompete i lavori” l’autore di Akira è ugualmente responsabile di soggetto e character design, e diffatti la qualità grafica del corto, altresì rimarchevole nei dintorni del fondale, rimane piuttosto alta per l’intera sua durata. Chiude Rintaro, ma non diremo come. Manie-Manie: I racconti del labirinto avrebbe sicuramente meritato una distribuzione cinematografica capillare. In compenso, il processo di riversamento su DVD, risalente al 2006 e anche mancante di una vera e propria fase di restauro, non presenta artefatti degni di menzione. I colori si mantegono sufficientemente saturi pure su televisori HD, con un dolby digital 2.0 che rende discreta giustizia alla localizzazione operata da Dynit.  












  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Manie-Manie: Meikyû monogatari - Manie-Manie 迷宮物語 -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 1987 / Cinema
  Produttore Kadokawa Shoten
  Regia Rintaro, Yoshiaki Kawajiri, Katsuhiro Ôtomo
  Fotografia Ken’ichi Ishikawa
  Soggetto Rintaro, Yoshiaki Kawajiri, Katsuhiro Ôtomo
  Character design Atsuko Fukushima, Yoshiaki Kawajiri, Katsuhiro Ôtomo, Takashi Nakamura
  Mechanical design Katsuhiro Ôtomo
  Dir. animazione Atsuko Fukushima, Yoshiaki Kawajiri, Takashi Nakamura
  Compositore Micky Yoshino
  Sito produttore kadokawashoten.kadokawa.co.jp
  Formato DVD-Video
  Edizione Italiana [Dynit]
  Anno edizione 2006
  Numero supporti 1
  Lingue IT / JP
  Sottotitoli IT
  Rapporto 1.85:1
  Compatibilità Region 2
  Durata 50 min
  Episodi 3
  Reperibilità Bassa
  Prezzo 10 € circa
  OST No

 

Il film viene nell’87 presentato al Festival Internazionale del Cinema di Fantascienza di Tokyo. Dopo una breve apparizione nei cinema giapponesi, dello stesso verranno prodotte edizioni in VHS e Laserdisc. I primi adattamenti “home” occidentali arriveranno verso la fine degli anni ’90, ma solo in VHS. La versione DVD nordamericana verrà rinominata “Neo Tokyo”. Sebbene la colonna sonora originale appartenga a Micky Yoshino, il film fa largo uso della Gymnopédie No. 1 di Satie. L’edizione italiana Dynit risulta attualmente fuori catalogo.