ROBOT CARNIVAL
di @Luca Abiusi

Riferire a proposito di quest’inconsueto cartonanimato di roboticismo qua era Nostro dovere particolare di sopravvissuti designati, nel dove insignimmo Katsuhiro Ôtomo dell’Ordine al Merito della Guerra Termonucleare Globale™ già quando che Robot Carnival esordisce con il suo circo di ballerine meccaniche, a insegnare alle persone a esercitare karakiri come da manuale, tra le sabbie paleolitiche inseguenti il Big Bang che si sarebbe visto dentro Akira, il quale ha sempre ragione. Robot Carnival ammonisce, sinistro. Il capitolo incombente a Koji Morimoto (Franken’s Gears) introduce il desaturamento del grading e tale ibrido soggetto che è meglio se non si erge, ove mai di confacere a una semantica di sottile contraddizione per cui lo scienziato sacrifica la sua moralità – quanto la contingenza d’essere – a interesse di questa ricorrente idea di un super-ego che si autolegittimi nella stessa sua decadenza. Il film arretra ai movimenti dell’anti-tecnologia allora che lo spettro del progressivismo è paventato, sebbene si cede, atipicamente, a una deriva esoterista e di concettuale trasformismo.

Hidetoshi Ômori, episode director in Urusei Yatsura e protégé di Heiichi Yamamoto, ora che il regista di Belladonna lo seleziona per l’animazione di Odin: Starlight Mutiny nella metà degli anni ’80 dà origine a “Deprive”. Per invero intercettare connivenze nell’ordine di organismi “coscienti” uncinati ai semiconduttori: il “robotto” empatizza, è capace a disambiguare i suoi atomi a furia di altruismi, nelle secche di un riscatto biochimico che questi contempera da sua prima fabbricanza umanoide. Sostanzievole impiego di colori e pennelli per impasti di china se ancora “Presence”, l’episodio che interviene a giro, ovvero quello del Nostro Yasuomi Umetsu sospinge l’incisione dei caratteri animati dall’internegativo uno, in costanza di una maniaca iniezione di manualità dietro al culto dell’androide femminesco a carica, nella zona vacua dell’esistere che trova ristoro nel “sogno di lei”, caleidoscopico fantasma di ghiaccio. Hiroyuki Kitazume disegna e dirige “Star Light Angel” perché dice che ci aveva il mood di MTV dai giorni mitologici di Megazone 23 e Z Gundam, e a dire la verità si rileva esservi in forza di girato la briosa leggerezza di un “Take on Me”, o per anche un “Duel” in piacènza di pettinature multicotonate di frivole ragazzine bishōjo. Character design di luccichezza, disco pop a iosa e bollicine.

Di natura un filo meno rassicurante Manabu Ôhashi poi che distribuisce i cataclismi climatici monocromatici, sino poi a conto di questo corto che insinua testimoniare le storture di una civiltà regredente nel continuismo, se pure a metodo di gesta del meccano viaggiante, e non dell’uomo, così che a richiedere un interrigo di partecipazione fra creatore e creatura subroga, in una qual definitiva interposta razza che rivendicasse discorrere quanto assumere gli emicicli del tempo terrestre. Ci abbiamo in seguito un “Meiji Karakuri Bunmei Kitan: Kōmōjin Shūrai no Maki” dalle linee simmetriche. Immediatamente realizzi che è una cosa in cui è presente il Sadamoto imperiale di Honneamise, superfluo condurre un tour esplorativo tra i credits per vedere se è lui: è lui. Disegno meccanico incaricato a Mahiro Maeda, e abbiamo detto tutto. O quasi. Datochè la sobria regia di Kitakubo amministra alquanto stupendamente i temi dello svolgimento archeorobotico in legno negli ambiti degli attrezzi a ruota manovrati dai cannonieri, in atto di contro attacchi rinascimentali a media distanza e miagolii di signoretta che sembra che è reduce da un concerto dei Duran Duran. Vasta mobilitazione di talento tecnico. Ma “Chicken Man and Red Neck”, scritto e diretto da Takashi Nakamura, promette di scavare più a fondo. In una discarica di ferro nella quale il mostro-macchina raduna le sue milizie verso l’estraneo individuo che poteva essere stato il Creatore di tanto infernale e piramidale Carnevale Robotico, a volere infierire col manicomio della scienza in un surreale guazzabuglio di componenti di ricambio e industrie. Libero dell’arbitrio, l’insorto esercito dei replicanti dominerà il mondo.












  Classificazione OAV / Film d’animazione
  Titolo originale Robot Carnival - ロボットカーニバル -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 1987 / Home video
  Produttore A.P.P.P. / Streamline Pictures
  Regia Katsuhiro Ôtomo, Atsuko Fukushima, Koji Morimoto, Hiroyuki Kitazume [....]
  Fotografia Toshiaki Morita
  Soggetto Katsuhiro Ôtomo, Atsuko Fukushima, Koji Morimoto, Hiroyuki Kitazume [....]
  Character design Yoshiyuki Sadamoto, Katsuhiro Ôtomo, Atsuko Fukushima, Koji Morimoto [....]
  Mechanical design Mahiro Maeda, Katsuhiro Ôtomo, Hiroyuki Kitazume, Takashi Nakamura
  Dir. animazione Katsuhiro Ôtomo, Atsuko Fukushima, Koji Morimoto, Hiroyuki Kitazume [....]
  Compositori Joe Hisaishi, Isaku Fujita, Masahisa Takeichi
  Sito produttore appp.web.fc2.com
  Formato Blu-ray Disc
  Edizione Nord America [Discotek Media]
  Anno edizione 2018
  Numero supporti 1
  Lingue JP / EN
  Sottotitoli EN
  Rapporto 1.85:1
  Compatibilità Region ALL
  Durata 90 min
  Episodi 9
  Reperibilità Buona
  Prezzo 20 € circa
  OST Sì [Robot Carnival Original Soundtrack, 1987, Victor]

 

L’original anime video è ideato dallo studio A.P.P.P., intorno al 1985, nell’ambito di un progetto distributivo per supporti VHS e Laserdisc. La sua ultimazione avrebbe richiesto circa due anni. Sarebbe quindi rimasto esclusività giapponese fino al 1989, allorché Streamline Picture ne realizza un adattamento cinematografico per il Nord America secondo un diverso ordine episodico, che venne motivato dal fatto che i nove segmenti dell’anime erano pervenuti al produttore medesimo su bobine 35 millimetri da rimontare su di un unico reel. L’iniziale misura “full frame” del girato viene inoltre scalata fino a un rapporto d’aspetto di 1.85:1, con la sola esclusione dell’episodio “Cloud”, inconciliabile per ragioni metriche ai pannelli widescreen. I riversamenti DVD, Blu-ray e Blu-ray UHD licenziati a Discotek Media a partire dal 2015 riconducono quindi alla cinematografia postuma, ancorché, rispetto agli ultimi due formati, risulti possibile mettere in play tanto il montaggio giapponese originale che quello disposto da Streamline. In merito al Blu-ray 1080p ne riscontriamo la piena universalità regionale, a dispetto della scritta “Region A” avvistabile da specifiche.