AKIRA 30th Anniversary
di @Luca Abiusi

Superate le ventiquattro di un giorno da cani del 1992 poteva essere che Enrico Ghezzi mediasse tra di Noi e i post-deliri trasfigurazionali nipponici di fine ’80; ricorrendo al condizionamento mentale, quella notte ci suggeriva di mettere il videoregistratore in modalità long play, dacché dopo di Akira era in rassegna previsto Shinya Tsukamoto, per continuazione di questo cinema sedizioso per nozioni, classi disgregative e infezioni da rigetto al ferro incubate fuori orario approssimativamente solo per Noi, che non eravamo andati al cinema, seppureché Akira, nello stesso ’92, potesse quel che è vero arrogarsi il privilegio di una distribuzione ufficiale in cinque o sei città nordiche estratte a sorte. Ma a pensarci fu anche troppo, ché in Italia gli anime seri, sino a quel momento, dovevi al più guardarteli dietro acquisto di VHS interdette ai minori sul genere di Urotsukidōji: La leggenda del Chojin. Non sapevamo bene chi era Katsuhiro Ôtomo. Ci eravamo persi i numeri di Akira in formato manga, al tempo edito da Glénat, se non che l’impatto col film dovette consumarsi, oraché ce ne ritornano confusi frammenti, dentro una centrifuga di nozioni biblico-fantascientifiche riguardanti esperimenti su bambini psichici, oltreché scorrerie su motocicli forniti di sistemi computerizzati antibloccaggio per i freni, e per quanto il bombardamento cyberpunk ci avesse tramortite le viscere fino all’osso non poteva fermarsi adesso, l’approvvigionamento dell’accelerazione, e delle pastiglie allucinogene sfuse.

Si elegge, Ôtomo, divulgatore di catastrofismi di notevole annata. Le parapsicologiche approssimature di cui si era reso complice in Harmagedon: La guerra contro Genma (diretto da Rintaro, voto 4) sono un meccanismo caduto in disuso, e sì che l’effusione di queste sue nozioni di ante-scienza non compromette l’apparato visuale, incassate d’anticipo le figure umanoidi del vigente manga, e se non che Akira si dimostra capace di approfondire sulle diversioni più oniriche del soggetto, presupponendo che lo spettatore ne venga coinvolto entro il dilemma del conflitto nucleare inevitabile, che accadrà dall’interno, niente russie che si armano contro il capitalismo ma giusto appena la macchina dell’evoluzione del gene che si manifesta sotto evanescente succedimento del suo marker, autodistruttivo per discendenza, visione mostruosa, piaga consacrabile all’inglobamento di ciascun sistema vivente e non vivente aldilà della bolla di antimateria, nell’istante in cui si venisse richiamati al neutrale stadio di amebe unicellulari, loro che non hanno timore del “soggetto Akira”, lui che «verrà per salvarci tutti», nonché per sterminarci tutti. La mano (il braccio sintetico) del regista inclina multiangolare sullo slipstream serratissimo delle scie luminose che la moto di Kaneda dissemina a generatore di persistenza, e si potrebbe venire abbagliati dalle micro-premonizioni di questo imminente futuro d’irreversibilità collettivo-spiritualista primaché in termini di traduzione in suono reminiscente, seppure nessuno al di fuori di Geinoh Yamashirogumi potesse meglio transumare l’apocalisse delle multipercussioni, ossessione di voci sovrapposte, frammenti elettronici che dissolvono assieme alle super cavie sintomo di prenascita, monito per l’umanità.

Più influente che rivoluzionario, che la rivoluzione dell’animazione giapponese, posto di volersene assumere i motivi “esterioristici”, dice di avere ottenuto luogo nel 1987 coi nullaosta di Yoshiaki Kawajiri (La città delle bestie incantatrici) e Hiroyuki Yamaga (Le ali di Honnêamise, ma si potrebbe altresì retrocedere all’81 e aprire una disputa sul suo Daicon III), Akira è l’ipertrofia di certi ottanteschi flussi di denaro solvente, stanziabili con tanto di firma d’avallo come strumento di contrasto all’industria della Disney, sicché non dovessero esservi limiti da dover aggirare ma piuttosto risorse a cui attingere, e in modo incondizionato, per la committee di animatori, illustratori, fumettisti, sceneggiatori, saltimbanchi reclutati da ogni angolo del Giappone al fine di ridefinire il singolo standard precedentemente notificato alle frontiere dell’anime perfino nel dipartimento della computer graphics, cui invero si acconsente in una innotabile attaccatura dimostrativa, datoché il gettito di fotogrammi surclassanti il miliardo non doveva venire interrotto, durante il passaggio chiave dell’incubo di Tetsuo Shima, dei giocattoli e i palazzi che si sgretolano, per quest’uso della luce che vattelo a spiegare, e che anzi ti sai spiegare nel merito di un ambiente dove se per caso il disegno ultimo non fosse ritornato uniforme quanto la superficie di uno specchio di Versailles atterrava Ôtomo, col suo rosso mantello, a imporne rapidissimo revisionamento, già che sembra il perfettibile non rientrare nei termini negoziali stilati a monte, trovandovisi scritto nero su bianco che Akira doveva essere libero degli errori addebitabili all’umanità malgrado i tagli sulla sceneggiatura originale, per vero opportuni vistoché il film avrebbe dovuto sovrintendere a una pellicola di due ore strette. Ma due ore che rimarranno. Non se ne andranno via le immagini frastornanti e opprimenti di Neo-Tokyo, epicentro biologico di una nuova stirpe di superuòmini.  













  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Akira - アキラ -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 1988 / Cinema
  Produttore Akira Committee Company
  Regia Katsuhiro Ôtomo
  Fotografia Katsuji Misawa
  Soggetto Katsuhiro Ôtomo, Izo Hashimoto
  Character design Katsuhiro Ôtomo
  Mechanical design Katsuhiro Ôtomo
  Dir. animazione Hiroaki Satô, Yoshio Takeuchi
  Compositore Shoji Yamashiro
  Sito produttore www.toho.co.jp
  Formato Blu-ray Disc / DVD-Video
  Edizione Italiana [Dynit]
  Anno edizione 2018
  Numero supporti 2
  Lingue JP / IT
  Sottotitoli IT
  Rapporto 1.85:1 / 1.78:1
  Compatibilità Region B / Region 2
  Durata 125 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona [Standard Edition]
  Prezzo 18 € circa
  OST Sì [AKIRA Symphonic Suite, 2017, Milan Records]

 

La Akira Committee, tra i più imponenti ingranaggi mai azionati per un film di animazione, consisteva in un consorzio di contributori formato da Kodansha, Mainichi Broadcasting System, Bandai, Laserdisc Corporation, Hakuhodo, Toho, Tokyo Movie Shinsha e Sumitomo Corporation. Sebbene il film non fosse riuscito a coprire gli oneri di produzione (ma non in sede occidentale, dove andò sensibilmente meglio), non è da considerarsi un flop. Difatti, profittando dell’esplosione del mercato dei videoregistratori (nonché delle VHS), e anche grazie all’hype alimentato dalla critica americana come dalle dichiarazioni d’amore che aveva incassate da Steven Spielberg – il quale, nel 2018, avrebbe incluso la moto di Kaneda nella sequenza di apertura di Ready Player One – Akira riuscì non solo a rientrare nei costi, ma a ricavarne consistenti guadagni. In Italia, tra fine anni ’80 e inizio ’90 e primaché, verso il 2013, Dynit ne acquistasse i diritti per la ri-proiezione cinematografica e il riversamento sui nuovi supporti Blu-ray, Akira aveva fatto comparsa tanto in sala, rispettando i tempi della distribuzione internazionale attraverso Eagle Pictures, che in VHS Multivision. Sempre qui da noi, un primo riversamento su DVD formato widescreen venne fatto uscire in special edition nel 2002 dalla (ormai defunta) Explosionvideo. Nel corso del 2018 e dopo averlo nuovamente ripresentato al cinema, Dynit ha prodotto del film le riedizioni standard e limited per il trentesimo anniversario, contestualmente a un nuovo adattamento. Quest’ultimo, conforme al versante giapponese per voci, assonanza e traslitterazione, pone rimedio all’incoerenza che aveva condizionato la prima uscita.