STEAMBOY Director’s Cut
di @Luca Abiusi

La moto di Kaneda resiste: ecco, adesso è un monociclo tempestato d’ingranaggi che si azionano a vapore, e vi è fornito un sistema meccanizzato antibloccaggio per i pedali, ma il mezzo resta concettualmente uguale all’idea di proiezione motorista che faceva i solchi sulle strade di Neo-Tokyo, nella epoca del persistere di codesta nuova disciplina fantascientifica del cyberpunk. Di nuovo si insinua lo spettro del cataclisma, per venire in soccorso ai rischi che la conquista tecnologica significherebbe a misura di prevaricazione, poiché «l’evoluzione», Ôtomo avvisa, «non è che il primo innesco della bomba»; Steamboy percorre un cinema di profilo avventuroso ma dal respiro universale, in suffragio d’implicazioni politiche condotte a zona di preludio se non anche in forma di sovraesposizione tecnica, perché venisse scatenato sull’oggetto filmico della “retroscienza” un esteso pavimento in computer grafica, dentro casa Ray Steam, al cambiamento di prospettiva tra i legni del sottoscala, rotazione brutale; eppure quasi non sembra che il regista vi abbia inserito cose tridimensionali, per una sequenza che risulta priva d’interruzione, non che coerente al resto del girato.

Scritto e diretto dallo stesso Ôtomo mentre che si elaborava i principi della termoidraulica, il film caldeggia una visione in lingua originale da abbinare a sottotitolatura sin dopoché se ne riconoscesse il discreto lavoro di doppiaggio, ché l’inapplicabilità del timbro acuto di certa delazione da guerra, conferibile alla metrica giapponese, è fatto conclamato; si è opzionate luci di tonalità “grigio-cenere” per un quarto di durata, a motivo di una significativa fenditura del colore all’avvicinarsi dell’ozono, dove il grigio diventa bianco, e nel momento che il nero si tinge di azzurro sul marchingegno volante, che vi è tutto un processo di avvicinamento a una sorta di espiazione della colpa in questo XIX secolo alternativo, come del resto lo era stato il 2019 di Akira da che si avvisa rispondenza tra le linee temporali dei due film, ambidue segnati dall’assunto del conseguimento scientifico che deve irreversibilmente procedere fianco a fianco all’autosterminazione. E no, il motivo conduttore è tutt’altro che banale. Si manifesta secondo una nobile intenzione di pacifismo, attraverso gli occhi del giovane protagonista, che stoicamente si ribella, e con tutte le forze residue, al conflitto che incombe. E sì, quest’Ôtomo critico e diretto non era esattamente quanto le platee classe ’77 si aspettassero, avendo negli occhi ancora stampati i deliri bio-meccanici di Tetsuo Shima.

Si scruta su schermo di un Katsuhiro Ôtomo evidentemente splielberghiano. D’altronde gli attestati di stima tra i due registi si erano susseguiti pure a limatura delle loro opere rispettive, e difatti non sorprende di rilevare in Steamboy la cadenza del B-movie, nella sua accezione più nevralgica, e un risvolto supereroistico che trae ascendente dalla DC Comics degli anni ’30, da Superman, da una cultura antitetica a quella cui il cineasta aveva attinto per gli inizi monotematici, e di seguito animati, financo a richiedere i trionfalismi arcuati di Steve Jablonsky come rilievi di scenografia, suoni di Filarmonica, slanci emotivi che trasformassero gli atti di spettacolosa teatralità in fotogrammi da riferire al classicismo dell’animazione, non vedendo modo di ritrarsi alla propellenza che dal minuto 19:40 al minuto 25:00 risolve su base prototipale, per finire col dire che il reattore a pressione con cui Ray Steam si libra in volo provocando i sobbalzi si è già visto da qualche parte, su History Channel o su dizionari che rimandavano al disegno incompiuto di un macchinario risalente all’età vittoriana, da infanti, durante l’ora di scienze; lasciandosi dietro le macerie di una umanità immeritevole d’indulgenza, Steamboy si erge su di essa, ostinato, volgendo a generazioni che dovranno ripartire dalla fallibilità dei padri, gli uomini che hanno dimenticato cosa li aveva spinti di là della superficie, quando s’immaginavano il razzo attraversare l’orizzonte, persuasi che mai su di loro ricadesse.












  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Steamboy - スチームボーイ -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 2004 / Cinema
  Produttore Steamboy Committee / Sunrise
  Regia Katsuhiro Ôtomo
  Fotografia Mitsuhiro Sato
  Soggetto Katsuhiro Ôtomo, Sadayuki Murai
  Character design Katsuhiro Ôtomo
  Mechanical design Katsuhiro Ôtomo
  Dir. animazione Tsutomu Awata, Hisashi Eguchi, Atsushi Irie, Katsumi Matsuda, Yasuyuki Shimizu
  Compositore Steve Jablonsky
  Sito produttore www.sunrise-inc.co.jp
  Formato DVD-Video
  Edizione Italiana [Sony Pictures Home Entertainment]
  Anno edizione 2005
  Numero supporti 2
  Lingue IT / EN / JP / SP
  Sottotitoli IT / EN / PO / SP
  Rapporto 1.85:1
  Compatibilità Region 2
  Durata 126 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona
  Prezzo 9 € circa
  OST Sì [STEAMBOY Original Sound Track, 2004, Victor Entertainment]

 

All’inizio degli anni 2000, seguendo l’asset a contribuzione estesa introdotto in Akira, Ôtomo istituisce per Steamboy la Steamboy Committee. Sarà tuttavia Sunrise a sobbarcarsi gran parte dei costi di sviluppo, invero considerevoli se si pensa che il film rimase in lavorazione per circa dieci anni. Nel 2004, prima di venire distribuito internazionalmente, Steamboy viene presentato alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (fuori concorso) nonché (in concorso) al Sitges Film Festival, dove vincerà come Miglior Film D’animazione. Il film viene inizialmente distribuito in sala in un cut di 100 minuti circa. Ciò nondimeno, il Director’s Cut di 126 minuti verrà realizzato per l’home video nel 2005. Nel corso dello stesso anno, dietro illustrazione di Yuu Kinutani e supervisione di Ôtomo, e facendo seguito a un tie-in formato PlayStation 2 prodotto da Bandai Visual, il franchise Steamboy riceverà il manga rispettivo in due Tankōbon.