| TOKIdi @Luca 
Abiusi
  È Tad Corporation, nell’89, a
    realizzare questo interessante platform game con protagonista una scimmia con la
    testa grossa. Ma fu colpa dello stregone. Trasformò Toki in scimmia dopo 
avere assediato il villaggio e rapito la sua bella, anche; fu lui a dare avvio 
all’avventura delle insidie della foresta e della ricerca della bella, oltreché 
di lui stesso, il quale abbastanza stupidamente
    ha conferito a noi scimmie il potere di sparare proiettili a ripetizione. Ma bisogna anche
    saltare à la Super Mario, ché quando atterri sulle teste dei cattivi
    loro muoiono. Ma diciamo che quest’ultimo è il metodo meno ortodosso per avere 
prevalenza
    sul marasma, tenuto conto che il fascio di sparo è multidirezionale e che può essere
    adoperato in accordo al camminamento; per quanto il sistema di bloccaggio
    dinamico di Gunstar Heroes risulti mancante, il titolo si presenta
    assai manovrabile nella sua struttura a doppio tasto. A suo tempo ci è capitato di
    spenderci gettoni anche se il cabinato stava proprio di fianco a 
Ghouls’n Ghosts,
    e alla fine prendemmo anche la versione Amiga. Che era possente. Altro che 
Megadrive. Malgrado non sia elevabile a capolavoro e non possa
    competere coi classici Capcom e Taito, Toki dispensa affetto nel produrre il 
	prototipo del platform a struttura estetica a ragione della rudimentalità e 
	del gioco semplicista; il titolo Tad Corporation attecchisce, realizza una sfida dalla difficoltà
    ascendente e quindi si adegua alle esigenze hardcore medievali 
	degli ’80. Se allora il
    primo livello scorre via in destrezza già dal secondo inizia a darsi 
	quartiere il picco
    drammatico dell’ammassamento, per richiamare il minuzioso studio dei nemici, dei loro pattern,
    dei loro comportamenti in modo che li si possa anticipare alla vita successiva, dacché
    perdere vite è un fatto normale, forse anche necessario sulla via dell’apprendimento
    sistemico e della patologia della dipendenza: Toki salta, s’arrampica, spara sopra,
    si abbassa e può anche raccogliere oggetti. Assolutamente iconico resta il casco da
    football, che funge da corazza a mo’ di Ghosts’n Goblins 
	e che concede facoltà d’essere colpiti due volte. Non dimenticabile il contrappeso
    dei trampolini, che scagliano su altezze siderali creando la sferzata, la accelerazione
    improvvisa dell’azione. Videogioco con variazione, non del tutto lineare e
    particolarmente ricettivo in sede di level design e intuizioni strutturali, 
	Toki improvvisa, rende all’avanzamento l’idea che aggravi la transumanza. Si dice che il videogioco si realizzi immune 
	alla corrosione del tempo quando al postumo raffronto coi titoli a esso contemporanei questi 
	persista su doti di immanenza. Toki
    è in effetti un monolito. E sulla base del fatto che pur dentro a un 
	contesto stagnante rispetto al platform lui voglia rimanere conduttore di 
	una certa solidità e affermare lo stereotipo come mezzo di riconquista del 
	classico. Lui, quindi,
    impara dai maestri. Il camminamento intermedio è quello di Nintendo, 
	possiede materia. Si
    evince una opera di primissima qualità pure sul profilo strettamente 
	tecnico, perché venga osservato il fondale di parallasse che anima 
	spettacolose eruzioni vulcaniche, affinché ammirati si scruti il monumentale deambulare 
	del Toki e scrupoloso si attesti il
    disegno di sfondi colorati e fulgidi al contrasto. Una virtuosa dimostrazione di 
	programmazione bidimensionale che non sfigura affatto in rapporto ai
	Rastan, Rygar e 
	Ghouls’n
    Ghosts, sebbene poi 
	questi debbano esser compresi tra le opere di antecedente generazione. E comunque, anche
    il sonoro non vuole essere inferiore alle visuali. Le musiche discretamente sopra gli standard e gli effetti
    decisamente riusciti dicono che non vi è di che lamentarsi, ché 
	indubbiamente Toki si piazza tra quei videogiochi di genere con cui interagire
    a lungo termine per un concorso di resistenza allo spettro del cliché, e 
	nondimeno per queste sue grafiche di sfarzo, per le meccaniche interessanti 
	che determinano il territorio di gioco anche sorpassato, ma ancora attuale 
	sul tracciato del puro platformismo. E tutto questo per realizzare che il
    titolo è invecchiato bene, e che non è vero che i ricordi (videoludici) si distorcano
    nel tempo: Toki è rimasto intatto.  
 
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