US SHENMUE
di @
Luca Abiusi

Dentro allo schema della ispezione geografica viene al Dreamcast reso il F.R.E.E. Si sta a Yokosuka, anno 1986. Un Giappone periferico irrorato di mitologismi, sicché si deve intessere l’Odissea, seguire Ryo durante il percorso di scopritura del mondo, sulle tracce di un oscuro individuo, lo stesso che ha ucciso il padre. Si diventa d’un tratto anomali avventori in real time, le ore scorrono effettive e l’ambiente dissolve in funzione della microconquista territoriale; di sicuro, Yu Suzuki definisce un tipo videoludico parallelo, innovatore che nel ’99 profetizza l’avvento del free roaming come aberrazione assolutamente mainstream del videogioco esplorativo. È l’incidente inizio della catastrofe se si guarda al saccheggio di chi prese e poi fraintese il messaggio evoluzionista del nostro, per invocarvi sopra sconnesse accozzaglie di pistoleri, razzìe, scorrerie; eppure i due volumi realizzanti il primo arco narrativo della saga acquistano, di confronto, un irripetibile scenario riguardante il tempo, la forma, e il confine dello spazio.

Si è detto del Full Reactive Eyes Entertainement. Il quale intende press’a poco riscrivere il meccanismo della virtualità sotto decostruzione del codice della ex avventura testuale, per cui si ottiene a momenti l’illusione di muoversi all’interno di Existenz (David Cronemberg, voto 8), dove il continuum è istigato attorno a Ryo entro margini di apparente varcabilità, e i simulacri deambulano nelle mansioni d’ogni giorno, fanno compere, attraversano la strada; ti soffermi di passaggio sul pallone rimbalzante degli infanti che giocano, che s’è già fatto scuro. È opportuno rincasare. Funziona così. Almeno finché non venga identificato un qualché di rilevante, un qualcuno, un indizio tra i vicoli, il tempo scorrerà inesorabile a consegnare il miraggio di un universo indipendente, sì che l’idea trainante non vuol tanto restituire un paesaggio di verosimiglianza quanto, di traverso, rendere quest’ultimo accessorio al contesto. È come se i palazzi, le strade e i pupazzi avessero occupato quei luoghi ancor prima di essere concepiti su carta, e qui interviene la potenza di una sceneggiatura che può incidere sul corso degli eventi, che sa raccontare virtuosa di storie di circostanza e che pure innesca il colpo di teatro, la variabile di traccia trasformante l’avventura in un estemporaneo picchiaduro in quick time event, in una sala giochi anni ’80 montante i cabinati di Hang-On e Space Harrier. Shenmue è la zona portuale di Yokosuka. Si dice che per realizzarne il modello Suzuki-san attinse tanto pesantemente al fondocassa dello stato maggiore da causarne poi il passivo in bilancio che avrebbe segnato il destino del Dreamcast.

Ma fu corretto così. Ché in seguito alle privazioni cui il settore è dovuto sottostare a partire dal marzo del 2001, da che il sistema venne messo fuori produzione, la letteratura del videogioco vi ha ottenuto in compenso questa saga in tre libri – e se anche l’ultimo è arrivato quasi venti anni dopo – sovrastante l’uso populista dell’intrattenimento e nondimeno scorgente a un consumo celluloide, plastico dei punti di ripresa. Ed è possibile che sia proprio il manifesto bisogno di trapassare i limiti dipartimentali del giuoco elettronico a generare il limite strutturale di Shenmue, quando succede che l’indagine circostante accade compromessa dalla dispersione di taluni snodi di raccordo, lunghezze perlopiù logistiche che concorrono a esasperare le manovre di percorrenza; del resto Suzuki sembra non volere assolutamente cedere all’irritevole compromesso della democratizzazione. Al contrario, mira a diluire quanto possibile l’espediente della routine, della ricerca, addossandosi oltremodo il rischio che può comportare l’appesantimento del ritmo pur a fronte della emancipazione della scrittura, benché le fasi culminanti del gameplay vengano studiate in chiave cinematica, a catarsi della sequenza del corpo a corpo e in forma di tributo a Virtua Fighter. Concessioni. La verità è che l’autore sprona gli astanti a riconoscere a loro stessi una condizione di indotta insignificanza. Epperò è come dire liberatorio confondersi con gli automi, divenire parte di questa ultradimensione sostitutiva, la quale è fissa e in ugual modo dinamica nell’atto sferzante, l’imperativo cambio di traiettoria che induce il grado di apoteosi dei generi così detti.









 

  Piattaforma Dreamcast
  Titolo US Shenmue - USシェンムー -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 2001
  N. Giocatori 1
  Produttore Sega
  Sviluppatore Sega AM2
  Designers Yu Suzuki, Keiji Okayasu, Toshihiro Nagoshi
  Compositori Takenobu Mitsuyoshi, Yuzo Koshiro, Ryuji Luchi, Takeshi Yanagawa [....]
  Sito Web www.sega.co.jp
  Sist. di controllo Analogico - Joypad
  Numero tasti 6
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling 3D scaling
  Formato GD-Rom
  Numero supporti 4
  Compatibilità NTSC-J [] NTSC-U/C [No] PAL [No]
  Genere Cinematic adventure
  Rarità
  Quotazione 80 - 100 €
  OST Sì [SHENMUE, 2015, Data Discs]

  US Shenmue viene per cui fatto uscire, nel 2001 e unicamente in Giappone, come per rimediare al mancato inserimento della modalità “Passport”, contestualmente al quarto GD-Rom, che appunto era stato introdotto per le edizioni europee e nordamericane. Questa nuova stampa, ancorché compatibile coi soli sistemi NTSC-J, è da considerarsi in tutto corrispondente al versante USA, con la unica differenza di potere attivare i sottotitoli in lingua giapponese. Shenmue sarebbe dovuto uscire per Saturn. In accordo con alcune dichiarazioni fornite dallo stesso Suzuki, allorché lo sviluppo del videogioco venne dirottato sul Dreamcast il codice 32 bit si trovava a una fase di sviluppo piuttosto avanzata. Conversioni in alta definizione del videogioco vengono pubblicate nel corso del 2018 su formati Microsoft Windows, Xbox One e Playstation 4 per il raccoglitore Shenmue I & II. Viene quindi fornita per dentro possibilità di selezione tra aspect ratio in 4:3 e visuali riadattate in 16:9.