FULL METAL SISTER MARILU
di @Luca Abiusi

Inseriscono su Netflix un anime di ragazzette a mo’ di Glitter Force e vuoi che non lo si guardi. Lo si guarda. E ti dirò anzi che si vorrà lucidare chi ne rivendicasse un domani i meriti sulla realizzazione del concept d’intolleranza al bianco candore e di promozione del caricamento di un certo rossettismo “moe” secondo cui ogni sequenza deve traviare il senso del sobrio per accedere a forme di colore brillanti che siano a vista irriconoscibili in quanto non rilevate ancora dall’occhio umano in condizione di messa a fuoco, a meno di non piegare verso una di quelle periferiche di estensione della realtà mediante cui ottenere il brevetto sui nomi da affibbiare a scale di colori evidentemente nuove chessò il verdagno il blerde il crucsia o perché no il froxio ma però no: Glitter Force è vuoto. Il character design di Full Metal Sister Marilu, se non altro, sa argomentare verso un’esplicita volontà di rimodellamento antropometrico sui precedenti stereotipi femminei in linea con le maghe magò, e si difende seppure anche occasionalmente nei rapporti di sceneggiatura, i dialoghi che non si capiscono poiché scritti in giapponese.

Ci si ridiano i giorni in cui i treni arrivavano in orario ai secondi quadri e non si veniva per forza di circostanze deviati su carrozze di second’ordine spurie di sedili e macchinisti come carrozze fantasma, ma va pure aggiunto che in Full Metal Sister Marilu sussistano concrete possibilità di interfacciamento con un robot di quelli massicci coi reattori che si vedono nelle serie animate della Gainax dove se spari distruggi tutto e se vieni colpito devi di corsa premere il pulsante dell’esplusione se no esplodi ma forse si fa confusione, forse s’intendeva ricondurre a un videogioco del ’96 realizzato dalla Nazca che si chiamava Metal Slug nel quale l’omino soleva avanzare col fucile multidirezionale in un luogo stracolmo di guerra per uccidere un numero infinito di marziani, o erano cristiani, vabbè marziani, cristiani, è uguale. Il fatto è che il videogioco di Shisui House si comporta generalmente allo stesso modo ugualmente in missione di salvataggio dei prigionieri e allorché montante un raggio di fuoco di 180° a respingere brigate di nemici multidiagonali vagamente incazzati, e andrebbe in qualunque modo diramato che lo snodo del gameplay, la caratteristica attraverso cui Full Metal Sister Marilu si configura a credibile e assai detonante tributo allo shooter di terra rinvenga alla maniera di una ordalia sommaria, lì dove si vedono gli alieni mettersi in fila e guasconi immolarsi alla festa mortifera, un’allegra coreografia dell’obliterazione.

Eppur malgrado di questa ostentazione di manovrazioni sempre uguali sempre orizzontali e a riconoscere le situazioni di fuochi mai scadenti all’inconcludenza, il videogioco dichiara di saper sostenere un serio convegno con un dato numero di eminenze arcade degli anni Novanta attuando l’imposizione del ritmo senza interruzione come in atto di sparatorie continue e di continui potenziamenti dell’armamento in dotazione, fucile a canne mozze, mitragliatore, lanciamissili, bombe molotov, bambole voodoo, bombole del gas. I fotogrammi di animazione ci sono. Meritevole avviene il ritratto generale degli sprite. Si acquista il mecha design che vige, che restituisce le corazze in titanio battuto in forza agli eserciti di una di queste serie di robot-manga di origine Banpresto che da sopra e dai lati fanno arrivare oggetti volanti non identificati provenienti da pianeti distanti, o dalle basi militari dei luoghi di confine; musiche di parziale credibilità iniziano a suonare per creare il sottofondo delle sale arcade giapponesi degli anni Ottanta che è il caso d’impegnarsi di ascoltare in misura di legittimazione della predisposta leggerezza, ché il videogioco Shisui House è nulla di veramente austero di veramente acuto: lui si presta a sorta d’attrezzo di consumo del quale il giocatore-macchina deve limitarsi a realizzare l’esistenza, già che questi non chiede che di spingere i due tasti a oltranza onde causarne l’evaporamento. Va resa menzione di un letale “Challenge Mode”. L’additivo alla mescalina opziona il robot dall’inizio a renderne micidialissima arma di sterminio di massa e distruzione, per aumentare il casino.








  Piattaforma Windows PC
  Titolo Full Metal Sister Marilu - フルメタルシスター マリル -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 2005
  N. Giocatori 1
  Produttore Chimes / Shisui House
  Sviluppatore Chimes
  Designers May
  Compositori ...?
  Sito Web ...?
  Sist. di controllo Digitale - Joypad
  Numero tasti 3
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Laterale
  Formato CD-Rom
  Numero supporti 1
  Compatibilità Windows 2000/XP/Vista/7/8/10
  Requisiti tecnici Pentium III 800MHz, 256MB Ram, Scheda grafica Radeon Geforce, VRam 16MB
  Genere Run and gun
  Rarità
  Quotazione 40 - 50 €
  OST No

 

Da tradizione Shisui House, il videogioco viene distribuito su compact disc apparentemente sfusi. La manualistica si limita a un insert di copertina e a una illustrazione in back cover. Full Metal Sister Marilu risulta compatibile con tutti i sistemi operativi Windows disponibili a partire dal 2005. Tuttavia, in virtù di una risoluzione nativa di 320x200 pixel, il gioco potrebbe dare all’avvio un messaggio di errore: in tal caso si renderà necessario editare il file config.ini alla voce “Fullscreen=1”, che nello specifico diverrebbe “Fullscreen=0” per fornire accesso alla modalità finestra. Il gameplay a tutto schermo, sempre supponendo che si utilizzi un PC di recente generazione, è comunque possibile attraverso un semplice procedimento alternativo. Quindi dall’icona di avvio si spunti “esegui in finestra ingrandita” attraverso il percorso “tasto destro/proprietà/collegamento”. Tale procedimento risulta altresì ultile per giocare in aspetto 4:3 su schermi in 16:9 previa modifica della risoluzione del sistema in uso.