Da
precedente animazione Sunrise
di robot anni ’80, e su intervento di Hudson Soft, arriva sul
SuperGrafx Madou King Granzört, che è videogioco arcade di
attinenze platform vagamente anomalo per via della necessità di fusione
e trasformazione spiriturale tra mech. Offresi la possibilità di
pilotaggio di tre robot che liberamente si alternano col di loro peculiare
armamento per applicare il teorema del
gioco di variazione; per il 16 bit della Nec può trattarsi di un progetto
d’eleganza in grado di riconfermare le potenzialità di questa
console che si estingue ancor prima
di entrare in guerra con Super Famicom e Mega Drive. Granzört è
titolo generalmente programmato per adottare la migliore risoluzione del successore del
PC Engine così che si dica di avere un videogioco che altri non avranno mai
almeno fino all’arrivo delle console a 17 bit, che dice che saranno potenti
e avranno gli sprite tridimensionali e potranno collegarsi al telefono per
giocare con gli altri a distanza.
Come accaduto con
Aldynes quel che scatena l’attenzione delle utenze è
il dominio delle estetiche. Sfondi di non confrontabile dettaglio e sprite
a colorazione plurima
creano affreschi che vorrebbero essere di un Pinturicchio contemporaneo ai
suoi inizi, ma che sa già dipingere il fluido parallasse e
concedere la tecnica. Ancorché derivativo di una tradizione visuale
riconoscibile, importante vuol essere il disegno dei mech in fase
di trasformazione; i meccanismi animati sono i medesimi. Questi sembrano non
piegarsi al compromesso malgrado l’inevitabile ridimensionamento in pixel.
Ciò nondimeno, le animazioni convincono. Dianzi il magniloquente sfondo esse
fanno uso di fotogrammi, e va reso elogio verso il mecha design dei
guardiani e dei robot di interfase. Si è rilevata apprezzabile la non
staticità del background
differenziale. Vi è classe nelle sfumature avvistabili oltre lo strato
di interazione: il pianeta si prende l’orizzonte del primo quadro, luci bluastre
a intermittenza rendono elettrico lo scenario seguente. Un sonoro al di
sopra degli standard suona potente le musiche di sottofondo e adduce violenti gli effetti a
tema. Benché non si conquisti lo spessore di analoghe produzioni su CD-Rom, e ci
mancherebbe, a confronto con buona parte dei titoli d’azione in formato
HuCard
Granzört riesce a prevalere senza particolari problemi tanto sul fronte
acustico quanto sui contesti del design.
Non pago delle sue iconografie Granzört
adduce momenti di significativo level design nell’alternanza dei tre assetti,
che fanno tre videogiochi in uno; Granzört è velocità di opzione tra
mech
che Hudson impiega per offrire il meglio della trasformazione di grado
arcade proprio quando il meccanismo ottiene la sua arma che deve essere
usata per scardinare lì dove il precedente meccano si blocca. Ma più che di
scalo tra mech si
tratta di interscabio di armature, poiché appunto il robot resta il medesimo ed è il
guscio a generare il principio camaleontico. L’armatura base, che è rossa,
offre in dotazione fior di spada letale a vicinenza, nel corpo a corpo. La seconda armatura, di color blu intenso,
concede facoltà di propulsione in volo con per dentro discreto potenziale di
scontro uno a uno mentre il rivestimento verde dovrebbe risultare il più
popolare in quanto dotato di un super mega arco capace di scoccare frecce di
fuoco. In fase di gameplay si renderà comunque necessario
lo sfruttamento intensivo del triumvirato in luogo di superamento in via aerea
di talune alture, per
abbattere mostrario avente corazza di superiore persistenza e ancora per centrare
certi
bersagli da lunghe distanze. Si entra così in comunicazione con una manovra
che esige
trattamento di sincronismo iniziale ma che non rileva complessità in quanto evidentemente
scritta per eseguire videogioco di certa struttura, di certo robot che ora
vuole potenza, dopo vuole Robin Hood. È questo che conferisce lustro alla
opera Hudson Soft. Non tanto la presentazione di supergioco a 17 bit, ma
appunto la scambiabilità del soggetto.

