 SuperGrafx
    era la naturale evoluzione hardware del PC Engine. Perfettamente 
retrocompatibile, ma col grave limite di non avere integrato il lettore CD-Rom, 
la “nuova” console della Nec raccolse modesto riscontro. Il tentativo di restare 
al passo coi tempi e di produrre un reale 16 bit cagionò a Nec (e 
sintomaticamente ad Hudson Soft)
    l’imbarazzo di dover sopperire presto a una richiesta di mercato 
	essenzialmente nulla, col settore già occupato da Mega Drive e Super Nes. Si 
decise così di realizzare videogiochi che sfruttassero appieno le comunque 
ragguardevoli risorse del SuperGrafx, in modo da accorciare i tempi di 
assimilazione dell’utenza eventuale; nel 1991 la caduta della console fu 
pressoché inevitabile, eppure si vedrà come Aldynes 
	divenga videogioco di culto tra i lustratori di spara e fuggi ancor di più 
	nel miraggio di una console che potevano permettersi in pochi.
SuperGrafx
    era la naturale evoluzione hardware del PC Engine. Perfettamente 
retrocompatibile, ma col grave limite di non avere integrato il lettore CD-Rom, 
la “nuova” console della Nec raccolse modesto riscontro. Il tentativo di restare 
al passo coi tempi e di produrre un reale 16 bit cagionò a Nec (e 
sintomaticamente ad Hudson Soft)
    l’imbarazzo di dover sopperire presto a una richiesta di mercato 
	essenzialmente nulla, col settore già occupato da Mega Drive e Super Nes. Si 
decise così di realizzare videogiochi che sfruttassero appieno le comunque 
ragguardevoli risorse del SuperGrafx, in modo da accorciare i tempi di 
assimilazione dell’utenza eventuale; nel 1991 la caduta della console fu 
pressoché inevitabile, eppure si vedrà come Aldynes 
	divenga videogioco di culto tra i lustratori di spara e fuggi ancor di più 
	nel miraggio di una console che potevano permettersi in pochi.
    Dovuta premessa: Aldynes è lo sfaldamento 
	dell’occhio. E si eviterà di dire sul come o il perché. Si deve piuttosto 
	constatare una situazione di oggetto visivamente profondo quanto almeno la 
	pluriennale joint venture spaziale tra la Hudson Soft e il PC Engine, 
	e si dovrà elogiare 
	questo programma di tecnica fuori dall’umano, e si pensi ad
    esempio a Sapphire o a 
	
	Soldier
    Blade, dai quali si è appreso di come sulla console Nec si facesse a gara a chi
    meglio spremeva il chipset a sedici bit, con Arcade Card al seguito. Quindi Aldynes viaggia a sessanta fotogrammi, a
    parallasse multiplo muove questi mostri pachiderma tutti ferro e meccanismi componibili
    per tracciare un futuro di apocalissi elettriche, di power-up ad aggangiamento e a
    satellite. Hudson, che di fatto non poteva conoscere per intere le caratteristiche hardware del
    SuperGrafx, si “limita” alla esagerazione e fa sì che il guardiano più piccolo
    occupi tre quarti dello schermo. Si ha poi premura di realizzare una colonna sonora che
    quasi non fa rimpiangere i fasti del lettore CD – ormai divenuto il supporto preferenziale
    per le restanti software house – con la sua estensione, i suoi cambi di toni, con la sua
    deritmica allineata alla fantascienza supercromatica degli sfondi. Originalità vicina
    allo zero ma estrosità prossima, per Aldynes, agli sparatori da coin-op.
    Ma se l’estetica si allinea alle usanze dello sparo
    orizzontale il sistema di gioco riesce quantomeno a risultare interessante. Pertanto la
    sinuosa navetta possiede un beam fisso a caricamento che forma una barriera protettiva da
    usare come ariete contro i meccanismi avversari; combinando il supporto di sparo standard
    – potenziabile su più livelli – con questa nuova forma di attacco si otterranno schemi di
    gioco votati alla alternanza, anomali nel muovere a discernere tra la necessità di
    sparare a distanza e la possibilità di annullare interi schieramenti avversari tirando
    tritto a mo di trattore dello spazio. Previsti i pod alla 
	Thunder Force
    dell’aumento della velocità, eppure la penetrazione del blastamento sembra non mutare che si
    sia in assetto dinamico di base o veloci come schegge. La standardizzata A.I. dei
    robot-mostri concede quei margini di memorizzazione necessari al trial and error arcade, seppure a volte il
	level design si appresti sin troppo rigido e tenda a penalizzare 
	oltre il dovuto le strategie avventurose. Siamo sul titolo di genere. A parte la variante del
    beam – che poi variante non è, visto che la si potrebbe accostare al pod 
	frontale di 
	R-Type
    – Aldynes è più o meno un Gradius privo di barra delle armi, più o meno un 
	Thunder Force
    III con alti quantitativi di psichedelia, più o meno un 
	Aeroblasters dalle tonalità cadenti al 
	blu opaco. Ciò detto la opera Hudson risulta basilare in quanto, oltreché 
	essere l’unico shoot ’em up laterale ritrovabile sul SuperGrafx, è 
	una notevole dimostrazione pratica circa le qualità potenziali del sistema. 
	Apprezziamo sempre le cronache science fiction che Aldynes muove come 
	niente attraverso gli sprite se non altro per il manifestarsi a schermi di 
	una circonlocuzione di bidimensioni che vuol essere sperimentale quanto 
	anche estrema nel Novantuno, sebbene solo sul SuperGrafx. E solo in 
	Giappone.
    
	
	