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 R-TYPE II di @Luca 
Abiusi 
 Non sono trascorsi
    neppure due anni dalla resa della armata Bydo che riecco l’orda armarsi per un
    nuovo pesante attacco all’umanità. La sopravvivenza della razza è nuovamente 
	affidata all’astronave corazzata R-9. Ora, se consideriamo le innovazioni che 
	tale 
R-Type aveva portato al genere degli
    sparatutto, R-Type II può assumere le proporzioni di un evento; Irem 
	vuole quindi puntare sul sicuro evitando di modificare i meccanismi di sparo 
	conseguiti nel precedente per aver margine di rievocarne la guerra e senza 
	dover trascendere nella
    sperimentazione. Il pod rotante, l’upgrade estremo, il beam e la massa 
	intera dei mostri di ultimazione restano tali, benché gli scenari di 
	infezione e claustrofobia vengano in parte accantonati in favore di una fantascienza più tradizionale, 
	e si vuole insistere sul bastione gravemente
    meccanizzato e sulle visuali intricate, ragnatele di tubazioni, ingranaggi, ferro
    pesante. Lacci. Garbuglio di fili. Elettricità. La saga di R-Type 
	si accosta al cyberpunk per rimanervi fino ai più recenti episodi per 
	PlayStation e PlayStation 2.
    R-Type II intende aumentare in modo 
	significativo il livello di cattiveria del referente. Avvio citazionista a 
	parte – l’intero primo
    livello è un deja-vu – la R-9 è sottoposta a una gravosa vomitatoia di nemici e
    proiettili. Arrivano da ogni dove. Superi indenne un agglomerato di ferraglia che ecco una
    nuova infausta formazione muovere dagli estremi. Il tempo per respirare è minimo.
    R-Type II va affrontato in apnea, senza neppure considerare la possibilità di commettere
    un errore. Se muori, muori. Poiché perdi l’upgrade, e vogliamo vedervi affrontare un
    boss senza arsenale professionale. Frustrazione, ripetizione, ansia, emicrania, imprecazione,
    diffusa propensione al suicidio. Sensazioni da medioevo del videogioco che la opera della
    Irem riporta d’attualità come per generare l’impotenza di chi invecchia, ché 
	essere R-Type II adesso realizza l’anacronismo, benché un tempo si fu eroi, 
	e si vinse lo spazio. Ma R-Type II deve fare il suo corso. Deve portare alla 
	catarsi, alla stazione dello spara e fuggi e possibilmente dovrà 
	riconsegnare il tempo dei pionieri, di Space Invaders, dei cabinet 
	tutti neri, poi in bianco e nero, puntini che si muovono, record da battere. 
	Joystick da abbattere.
    Nichilismo. Autodistruzione. Masochismo. La cultura del farsi del male, latente a tutti
    gli anni ’80 ma resistente lì dove vi è un coin-op con manovella, viene da 
	R-Type II mirabilmente resa a manifesto del level
    breaking. 
    Le geografie dei canali di scarico, della 
	fantascienza da bere. Sai dove e quando il nemico attacca, hai imparato 
	a prevedere il futuro, ma sai che agire d’anticipo non consente immunità 
	finché non sia acclarata mano
    salda, uno stato di non emozione. Essere robot. Essere come loro. Diventare 
	Bydo. Senza esitare tirare dritto sparare al momento giusto; viene in soccorso il
    nuovo beam a doppio caricamento, l’innovazione sul gameplay che apre il raggio 
	distruttore per coprire porzioni di schermi più estese, seppure a caricar la
    belva si finisca per scoprirsi e s’innalzi le già concrete possibilità di 
	impatto col nemico per così morirvi addosso. Volevo solo morirvi addosso. 
	Essere contento. Arriva la grafica dell’apocalisse del metallo. I mezzi nemici
    vogliono essere pezzi di ferro animati. La pressione è stabile sui 310 
	battiti al minuto. Occorre un medico. Lo scorrimento è fluido, gli sfondi si muovono perlopiù in parallasse. 
	Avvengono colori dipinti a mano al nucleo del quadro esplorabile, ancorché il culmine del
    lavoro accada al disegno dei signori del male, che devono portare l’orrore, 
	che sono al centro dei terrori Bydo come questi suoni di acidità schizoide 
	che appressano a tradurre le estetiche e affiancare il giocatore 
	nell’alienazione piano piano, dolcemente. Francamente R-Type II è esemplare 
	per la decodifica delle dottrine sulla autopunizione attraverso il mezzo. Sebbene 
	assai imperfetto, insostenibile e duro come una lapide su cui sia inciso il 
	Nostro nome, R-Type II
    eccelle nel settore della dipendenza, nel discorso dell’età della pietra del 
	videogioco dove vi è il videogioco e la vittima sacrificale cui dare una 
	speranza di avventura; si vedrà lei attraversare i pianeti delle acque verdi 
	e i buchi neri, addentrare i settori-macchina al passaggio dello spazio-tempo 
	tra i fotoni 
	e gli elettroni, e la si vedrà infine cadere oltre i confini dell’universo come 
	indecifrabile eco bidimensionale, storia da raccontare ai posteri. 
  
  
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