BLAZING STAR di @Luca
Abiusi
Col possente
Pulstar credevamo
di aver visto essenzialmente tutto sul fronte della guerra spaziale NEO GEO, e sul momento
non ti aspetti che esca questo Blazing Star pieno di sprites e
rigurgitante gameplay di alto Giappone, anche più di
Pulstar. L’hardware di SNK
è ancora a suo agio nelle sale giochi di fine anni Novanta, puranche come oggetto retrò,
in questa epoca di grande manipolazione poligonale, ma per quanto tradizionale Blazing
Star è uno shoot ’em up che ridà lustro alla saga di
R-Type costruendosi
gradualmente situazioni di annullamento riferibili a un pugno d’altri videogiochi. Sarà
la dinamica, nonostante l’assetto grafico importante, a realizzare le migliori virtù
della opera Yumekobo. Sarà la meccanica evoluzionista dello scontro con i boss a
determinare il capolavoro sulla via della assunzione serrata di schemi che addentrano lo
strato più superficiale del cerebro, sicché a venir fuori sia l’istinto piuttosto che la
funzione mnemonica, sebbene l’arte del “pattern” è sempre in latenza a
sostenere le fasi culminanti della distruzione.
Le dottrine dello spara e fuggi retrostanti Toaplan, che
poi sono (erano) le tecniche di cancellazione dello sprite aventi a mire uniche
l’abbattimento dell’ostacolo, del nemico, con Blazing Star s’agganciano in cardine ai
sistemi di punteggio del manic shooter. Assai ramificato è il metodo di
scatenazione dei punti resi in rapporto ai fattori di tempo e di luogo, finché l’accumulo
del bonus moltiplicatore divenga tale dove vi sia effettiva l’urgenza di terminazione
incrociata delle formazioni d’attacco avverse: l’incipit per l’azione di breccia del
limite della hit si manifesta con l’ANGEL. E dunque a reso ottenimento
della corona d’ali ci si lancia al terso abbattimento delle frontiere dello spara e fuggi
pensato a chiosa del divertissement da randellata & fuga, per cui si assiste
all’abbandono possibilmente ultimativo del disgregare mondi bidimensionali leggeri in
appoggio di una cultura di sparo a grande ibridazione, che sostenga decisa il tramandare
della tradizione razionalista della Konami e che, pure, appoggi il bisogno di plusvalenza
e hi-score del nuovo Giappone che uccide. Yumekobo opera con l’erezione. È chiaro. E
mentre s’ingrossa di strumentazioni inguinali in forma di beam dà pure lezioni
di level design a Cave, a Raizing, a Seibu, a Konami. Dispensa, quindi, uno
scorritore che mette in confluenza complementare due branche dello sparatutto
apparentemente discoste di dieci anni tra esse, ma evidentemente imploranti di un moto
d’accosto che rivelasse la definitiva copulazione tra atto maniacale e necessità di
consumazione disimpegnata. Questo pezzo di silicio si dispone in vetta alla catena
alimentare dello shooter.
E ancora osa, Blazing Star, sulla estensione
del fondale in occasione di parallasse, sulla animazione. Osa per ostentazione del dettaglio,
per design dei meccanismi e per character design.
Addirittura sconfina a crearsi incredibile il rendering delle astronavi
nella intro in tracing in full motion video per rendere paresi
e disegnare ancora al quadro due l’effetto tridimensionale. Durante lo svolazzo capiterà infatti di assistere a queste mobilitazioni
di background che sono giusto pensate per funzionare in parallelo all’azione, con
questi meccanismi giganti che squarciano l’orizzonte e che poi irrompono. Il dettaglio è
inaudito: a interagire tanto coi cingoli intarsiati a ingranaggio che con le strutture che
costruiscono il piano in playfield, robusto si realizza il limite
tecnico
dell’hardware NEO GEO. Colonna sonora che scrive di avventure di fantascienza, di Asimov.
Che esplode all’improvviso scatenando l’inferno dello sparo. Gli effetti assordanti
delle esplosioni completano l’eccellenza di un comparto audio che in raggiro dei limiti di
amplificazione del NEO GEO sparerà a zero verso la frontiera dell’audio digitale.
Dopodiché sarà tutto un susseguirsi di power-up, di super armi, di
distruggimento multiplo e display assolutamente ricoperto di
sprites animati, di shooter
arcade ai suoi vertici, ai suoi avamposti più a nord dopo
Thunderforce V e senza
che ci si allarmi dei prezzi mostruosi della AES. È tuttavia possibile – nonché
consigliabile – acquisire riproduzioni (cartucce convertite) di qualità pari ai pezzi originali e a
costi
accettabili, benché la via dell’emulazione sia alla fine la soluzione più intelligente,
ché lo dice anche Yumekobo, proprio con Blazing Star, che non è obbligatorio essere hardcore
per ambire alla grandezza.


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