LUPIN THE THIRD: Jigen’s Gravestone
di @Luca Abiusi

Non è stato Takeshi Koike a dire che Rupan Sansei è una saga di ladroneria bastarda, casoché qualcuno s’interrogasse sui calibri 99 millimetri o la dissolutezza, e non pensasse al tale che dapprima ne scrisse, circa durante i libertari sessanta, lineatura scabrosa, di approssimazione a mano armata che stilla d’intrigo, e di un sessualismo ben più serio di quello leggero degli special televisivi o delle serie vacanziere, escludendo “La donna chiamata Fujiko Mine”, sofisticato inciso di lussurie. Sulla lapide di Jigen Daisuke c’è il killer che depone i fiori. La cosa del ritmo. Della narrativa dell’oltreoceano che ti sapeva concertare uno come Jim Thompson, da cui lo storno dello spy movie accademico a sostegno del sistema del triplo inganno, a mettere lo spettatore nella condizione di non ipotizzare, se non dalle parti dove si chiude il cerchio, né prima né dopo di un distinto segmento in cui dev’essere che si conclude tutto, tranne se non si arrivi al controcampo del regista identificante il momento, la storia, e che agisce a dislocare questo acerbo Lupin III nell’immediato antefatto di Cagliostro, il film dove il ladro si riconsegna gentiluomo.

Siccome Redline stabiliva un precedente vincolante si è dovuto promuovere l’uso dei mitragliatori della Settima divisione Panzer e montarne alcuni dietro al cofano delle macchine, più o meno a non disattendere le aspettative delle persone, per quanto non si fosse neppure mai valutato d’includere duelli che non potessero poco poco ambire a divenire la testé corrente pietra di confronto dell’automobilistico firmato Umberto Lenzi, nel quale, a norma d’intensificazione del regime delle inerzie, si fissavano le cineprese sul lato dello pneumatico anteriore destro comeché a stomacare all’entrata della galleria illuminata di giallo, sul quando di controsterzo i pezzi delle lamiere boomerang e gli sportelli vengono aggirati, e i parabrezza svolazzano, al testacoda disaggregano nella piena dei proiettili corazzati che ammazzano; il secondo film di Takeshi Koike, cinquanta minuti di severissimo noir indipendente e dezakismo serio à la Golgo 13 sul ruolo di una esplicitazione grafica quantoché corpurea incide, innova le precetture del disegno animato non originale e lo coincide credibile, il pennino nervoso, ma di carattere, del Monkey Punch che osa sovvertire il tratto ammorbidito di Osamu Tezuka, e dare alla luce personalità ambigue, sospette che vedresti nel retrobottega di una lavanderia di Saint-Denis arrischiare alle carte con bande di motociclisti e scappati di casa.

Sulla lapide di Jigen Daisuke è indicato il diametro .357 delle cartucce Magnum in dotazione ai revolver Smith & Wesson modello 19. La cosa della simbologia. Del contendersi l’indizio che addiviene al districamento del rebus mortale, distorto, per il quale giuocare sulle coordinate del tempo differito, all’anticipo de Lo spruzzo di sangue di Goemon Ishikawa, anch’esso trafficante con lo spazio chiaroveggente, addopo di uno schema di triangolature che tradisse la duplicabilità del cinema a titolo delle sue direzioni, speculari e multiangolari, al più di raccontare di qualcosa e doverla confutare, scomponendo gli schemi predeterminati, convogliando le grammatiche del romanzo sofisticato a una semiosi di significazione scrupolosamente tattile, per questi fermi di camera che indulgono sull’assemblaggio del fucile telescopico in un certo parafiliaco ciclo di stimolazione di componenti a mezzo estensori a vite, percussori, freni di bocca e compensatori emittenti fotogrammatura a celle tecnicissime, in segno di strenua apologesi del tarantismo, nell’esplodenza del vaso sanguigno e di una Fujiko scultorea e appuntita, allor che rinchiusa nella scatola in vetro, all’impalco del tizio sadomaso appeso; il Lupin III di Takeshi Koike, foneticamente antipodale a quello bucolico, poeticamente cavalleresco del film di Miyazaki, impiega la semantica (e il linguaggio) di un cinema vestito di raso, di sproporzionismo e scolpiture a schizzo, di seduzione, velocismo e figure lisergiche per le quali condiscendere. E ritornare al mito. 












  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Lupin the IIIrd: Jigen Daisuke no bohyō - LUPIN THE IIIRD 次元大介の墓標 -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 2014 / Cinema
  Produttore Telecom Animation Film / TMS Entertainment
  Regia Takeshi Koike
  Fotografia Jirō Tazawa
  Soggetto Yūya Takahashi
  Character design Takeshi Koike
  Mechanical design //
  Dir. animazione Takeshi Koike
  Compositore James Shimoji
  Sito produttore www.tms-e.co.jp
  Formato Blu-ray Disc
  Edizione Nord America [Discotek Media] - Italiana [Anime Factory]
  Anno edizione 2016 [Discotek Media] - 2021 [Anime Factory]
  Numero supporti 1
  Lingue JP / EN [Discotek Media] - IT / JP [Anime Factory]
  Sottotitoli EN [Discotek Media] - IT [Anime Factory]
  Rapporto 1.85:1
  Compatibilità Region A [Discotek Media] - Region B [Anime Factory]
  Durata 50 min
  Episodi 2
  Reperibilità Buona
  Prezzo 20 € circa [Discotek Media] - 44.99 € [Anime Factory]
  OST Sì [LUPIN THE IIIRD Jigen Daisuke no Bohyou Original Soundtrack, 2014, Columbia]

 

La lapide di Jigen Daisuke, primo dei tre spin-off cinematografici della serie televisiva “La donna chiamata Fujiko Mine”, co-diretta nel 2012 dallo stesso Takeshi Koike, ottiene premiere allo Shinjuku Wald 9 di Tokyo durante il giugno del 2014; edizioni limitate in DVD e Blu-ray, fornite di artbook, verranno immesse in Giappone nel novembre del medesimo anno. In Nord America sarà Discotek Media ad acquisire i diritti del film, che uscirà in edizioni fisiche persino in Europa, sebbene unicamente in Francia, dietro etichetta Black Box. La lapide di Jigen Daisuke riscuote interesse anche in Italia. Nel 2015 passa quindi per il Future Film Festival di Bologna, prima di venire acquisito da Mediaset, che nel gennaio del 2020 ne trasmette il doppiaggio, in chiaro, sul canale televisivo Italia 2. [Update 20/10/2021] Nel corso del 2021, assicuratasi i diritti per l’Italia della intera trilogia, Anime Factory immette su Amazon Prime Video in edizioni doppiate e con sottotitoli. Lo stesso editore realizzerà su formati fisici, e in tiratura limitata a 1.000 copie, mediante box forniti di card e booklet.