REDLINE
di @Luca Abiusi

L’ultra montaggio sequenziale analogico di quando tutto ha inizio te lo devi guardare con la maschera dell’ossigeno, se no muori. Che se si trattasse di animazione ordinaria – leggi: quella dove ci sono I puffi e gli omini rossi di Esplorando il corpo umano – non diremmo adesso che la cinepresa virtuale di Takeshi Koike disegna il vento come nessuno ha saputo fare mai, ché solo lui stesso in quanto entità, dopo, è stato capace a rimanere ancorato al solco dell’intercalazione integralista che seziona (sanziona) il dipinto visuale con un milione di inquadrature che spaccano il tempo del fotogramma in mille frantumazioni d’ipersuono elettronico brutalissimo, come ha fatto in Redline; qui in questo film di macchine tubolari che mirano a diventare organismi cyborg forniti di coscienza, ma pure fabbriche di ferri on the fly trabordanti di vibramenti di sopra la spia rossa della idoneità stabilita dagli uomini del futuro succede che si verifichi una transizione abbastanza subnormale oltre quello che tanti anni fa si chiamava cinematografo, perché adesso nelle estremità giapponesi di Koike mica si chiama più così; lo si deve classare, e sempre dietro dettatura del nostro, come scatola di sagome che si deformano, e il disegno implode. La velocità diventa il mezzo insignito al mutamento delle figure bidimensionali in iperboli di contaminazione superrealista.

È colpa di Miyazaki, quello degli anni ’70; tra i primi registi a riformulare l’uso della gravità rispetto alle nozioni di fisica macchinista di base, che ti vedevi la Fiat 500 di Lupin III decollare pur mancante in quanto a reattori, suggerisce al nostro che si doveva fornire al discorso argomentazione ulteriore negli inseguimenti de La lapide di Jigen Daisuke, come ne Lo spruzzo di sangue di Goemon Ishikawa – che scomponimento di arti a parte organizza corse facenti scuola a sé – così a rendere di nuovo omaggio a Monkey Punch, oltreché a continuare queste intuizioni marziali che Koike ha dapprima introdotte nel 2009, in queste cellule di contenimento che vengono lanciate a mille chilometri orari; la scrittura, tuttavia, assume un ruolo per nulla marginale dentro la narrazione sovraccarica di Redline, uno sceneggiato non-lineare di manigoldi senza patria che si spostano tra pianeti fino a Roboworld, nel qual luogo si è liberi di girare tanto di reboot dello sbarco in Normandia e dell’apocalisse metafisica di Katsuhiro Ōtomo, ché al diversivo delle Sturmtruppen grandangolari con le pustole segue la creatura segretissima dell’esperimento fuori controllo, per ricostruire la scena di quando il super colonnello ordina ai sottoposti di armare il Satellite Orbital Laser. La macchina da presa, trucida per necessità visagiste, sollecita il frame. I corpi si allungano, gli occhi vorrebbero fuoriuscire dalle orbite e il tessuto inizia a scucirsi. Si opziona la plastificazione del character design. Linee di attaccatura tracciate col bisturi che vedi ancora smagliare sul grezzo azionamento del boost.

Circa l’uso di eventuali tecniche di computazione avanzate, loro dicono che sono rimasti all’Apple II, e che non sanno dell’esistenza di questa cosa delle strutture in 3D da incollare sopra gli storyboard e come non dargli credito. Realisticamente, sembra che hanno fatto bene. L’aggionamento dell’animazione a ventiquattro fotogrammi al secondo religiosi racconta la perduta arte del disegno realizzato a mano, con la matita, i colori e turni di quarantotto ore dentro a perimetri cubicolari a inframmezzare rodovetri; vi è un ritorno di suoni – James Shimoji – incisi apposta per sovrapporsi alla propulsione di quest’azione di corse semi-oblique, angolari, laterali, trasversali di triangoli a quattro spigoli che la senti penetrare nelle viscere la pulsazione antigravitazionale della linea del sincrono acustico, casellario di rumori che si incastrano al tramato finanche nelle fasi che accostano l’immobilità del dialogo alle situazioni di scuotimento dalle parti delle turbine, il fuoco che viene risucchiato dai pistoni e poi riconvertito in fuoriuscite di metano che implichino una conseguente accelerazione della guerra, ché tutto è concesso durante il Gran Premio delle canaglie spaziali, anche di trasformarsi in hovercraft e deviare dal tragitto in cemento pistola alla mano, per incenerire i crauti che apprestano dai fianchi; Redline è un film impressionista. Velocista. Evidentemente futurista. Gli standard conoscitivi del consumatore di anime e ologrammi giapponesi filiformi risultano traditi, e a ripetizione, da quest’insolente cifratura di contro-iconografie e dismisure, anche ritrovandovi a proiezione un possibile soggetto di fanservice cumulativo e necessario maschilismo, tra le aderenze femminee in fibra ignifuga che, al contrario, tribuiscono all’apparato filmico intero la direttrice dello stile.













  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Redline - レドライン -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 2009 / Cinema
  Produttore Madhouse / Tohokushinsha Film
  Regia Takeshi Koike
  Fotografia Ryu Takizawa
  Soggetto Katsuhito Ishii
  Character design Takeshi Koike, Katsuhito Ishii
  Mechanical design Takeshi Koike
  Dir. animazione Takeshi Koike
  Compositore James Shimoji
  Sito produttore www.madhouse.co.jp
  Formato Blu-ray Disc
  Edizione Itaiana [Kaze] [Dynit]
  Anno edizione 2011 [Kaze] - 2020 [Dynit]
  Numero supporti 1
  Lingue JP / FR / IT / DE [Kaze] - JP / IT [Dynit]
  Sottotitoli FR / IT / NL / PL / DE [Kaze] - IT [Dynit]
  Rapporto 1.78:1
  Compatibilità Region B
  Durata 97 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona
  Prezzo 19 € circa
  OST Sì [REDLINE Original Soundtrack, 2010, good-beat.com]

 

La qualità strettamente visiva del Blu-ray prodotto nel 2011 da Kaze – quando l’editore francese deteneva ancora una divisione attiva sugli adattamenti italiani – risulta elevatissima. Piuttosto riuscito il doppiaggio, grazie a una ottima rispondenza vocale e quindi alla bravura degli interpreti chiamati in causa. Contrariamente a quanto avvenuto sul versante giapponese, dove le versioni “home” del film possiedono corrispettivi in limited edition piuttosto voluminosi, le edizioni Kaze risultano prive di qualsiasi contenuto aggiuntivo. [Update 19/11/2020] Venuti a scadere i diritti Kaze, dal 28 ottobre del 2020 Dynit recupera per DVD e Blu-ray, riservando per ambidue i formati un mini booklet di otto pagine, nonché cambiando la cover, che adesso replica l’artwork del poster cinematografico.