
Sì ma non è che dall’oggi al domani te ne 
esci 
che vuoi dare una spiegazione alle cose, lurida vacca; ti confido un segreto e 
lo 
rivelo solamente a te che non otterrai mai nulla dalla vita: i registi delle 
serie alle quali hai voluto attribuire un 
significato immondizio nemmeno loro sanno di preciso che cosa hanno diretto.    
Kunihiko Ikuhara 
soprattutto. Ora sta giocando con il suo misirizzi non gli dare fastidio. Tieni, 
prendi questo pupazzo meccanico con la corda che dopo che la tiri parla. Ci ricordiamo di quando che 
dentro a un episodio della prima stagione di Sailor Moon c’era questa persona 
buffa qua che si teneva 
un 
pargoletto dietro alla schiena che ripeteva babu babu ogni qual volta 
che suddetta persona buffa diceva le cose procurandoci eventuali risa ischemiche: ecco non doveva 
esserci un perché a quella cosa là. Come non dev’esserci motivo dietro a un 
Mawaru Penguindrum come un altro ma più che altro, una ordinaria nonché 
eticamente edulcorata versione in prosa di quest’anime non procederebbe oltre l’incompiutezza, finendo 
per inabissarsi in una fanghiglia di congetture e indizi che non portano da 
nessuna parte.
Possiamo notare che il riproduttore Blu-ray 
riproduce soggetti animati di un verde travolgente. Si vede che diventano 
luogotenenti di avvenimenti cromatici appena in minimissima parte guasti di 
fondamento allora che poi capita che ti rendi conto di dovere rendere conto a 
moltissima illineare declamazione degli istinti, atti sessuali, di emozioni, 
cinquanta sfumature di elementi fosforescenti che concorrono al fatto che sei 
composto di carne vivente a tutti i sensi giuridici del caso e affatto 
condannato alla piaga della catalessi irreversibile della dimensione fisica dove 
per questioni di inclusione te ne eri rimasto; il velocismo del pensiero 
registico di Ikuhara induce a stare al passo con i tempi del suo mondo 
fantasticissimo; precipita il Nostro inerte pensiero quantistico avanti al 
confine della scienza normale come a spingerlo a dichiararsi reo tre volte di 
non essere stato capace prima di adesso di straniarsi dalla medietà di chi 
rimane fermo e non osa, non crea, non è. Mawaru Penguindrum getta le basi della 
abominazione del metodo cinematografico. Cede, spostandosi lateralmente, a un 
postribolo visionario in cui sembra che questi promiscui figuri che si muovono 
ti provocano un glitch a livello di spettri neuronici così che puoi resettare il 
giorno e modificarne il corso a tuo piacimento sulla base di una strategia di 
sopravvivenza di risvolti kitsch underage.
Ora tanto di scarabocchi waku waku doki doki soro 
soro dicono che 
restano opportunamente afferenti a una intrinseca idea accademica di morbidismo shoujo 
di matita leggera, ma 
possono ancora consistere loro nel risultato di un lavoro consequenziale a necessaria 
e specifica analisi pregressa circa su di una grammatica del testo a cui non 
casualmente si è incollato un tratto giocoliere di ridondante rotondezza 
cretinetta; Lily Hoshino e i suoi ugualmente facoltosi direttori delle 
animazioni tengono a riferimento l’iperspazio colorimetrico iniziale e dobbiamo 
dirvi riescono mediante l’uso di una seria manualità a orbitare su tale 
parametro di quadricromia di massima per tutti quanti i fotogrammi dei 
ventiquattro episodi componenti la saga, sigle incluse, mai un elemento grafico 
sfalsato di posizione, già mai che un dato rodovetro si mostri vacante di 
continuità metrica rispetto ai tronchi anatomici e alla facoltà di questi detti 
di intercedere all’amplificamento di questa cosa che si deve portare il tono di 
contrasto alla sua luccicanza per modo di moltiplicazione dei pinguini e degli 
insetti, un Ikuhara’s job di situazioni autistiche ilari che non possono venire 
meno venisse giù pure anche il cielo, pinguino che sbircia sotto alla gonna 
dell’inferimera mediante stetoscopio con misuratore della temperatura 
incorporato sì, appendice di lesbicismo estemporaneo bipolare in quanto che è 
così, a non privarsi ciò detto di bimbetta pazza sadomaso che dice che devi stare zitto, se no 
ti butta nel fosso.



	