OMEGA FIVE
di @Luca Abiusi

Si chiama Omega Five. Lo ha sintetizzato Natsume come esclusività XBOX Live Arcade a inizio 2008 per riportare al centro dello shoot ’em up l’eroe volante, superuomo della guerra dei mondi che fa uso di esoscheletri molecolari avanzati. Si determina la perfezione del controllo a doppio joystick. E viene a formarsi una situazione di simbiosi con l’attrezzo, che diventa estensione delle estremità, innesto bio-meccanico connesso al midollo a mezzo di un microchip a nanotecnologia; il mondo si ferma non appena s’incomincia a roteare il fascio laser violaceo di Ruby – parzialmente conducibile al raggio serpente di Raiden II –, che dovrà anche identificare l’opera di Natsume a videogioco che scuote le coscienze addormentate del cultore degli arcade, al quale dev’essere mancata la seduzione dei “momenti leggendari” di quando alla direttrice del joystick corrispondeva sempre una azione-icona che solcasse la storia. Vi sono momenti di indubbia magnificazione dello sparatutto d’orizzonte, in Omega Five, attimi che fanno tornare alla mente l’aggancio del pod rotante di R-Type, il free-range di Thunder Force V, il braccio prensile di Einhänder.

L’opzione del pupazzo non è atto superfluo. In Omega Five il sistema di attacco cambia assieme alle armi in dotazione, e se quindi la provocante Ruby dovrà manipolare un fucile laser, un super mitragliatore e una pistola elettrizzante, il granitico Tempest farà uso di tre spruzzatori lanciafiamme che per forma, metodo direzionale e potenza sono pressoché l’opposto dell’arsenale della donna. E persiste inoltre una ulteriore variabile nel meccanismo di puntamento del nemico consistente nella difformità satellitare, per cui ogni personaggio detiene un supporto a coda che è possibile lanciare premendo il tasto “RT”: Ruby possiede una specie di gancio metallico che s’incolla al nemico come una sanguisuga, succhiandogli energia, e mentre ciò accade Noi si potrà tranquillamente persistere nell’azione di bombardamento. Ma per Tempest la questione è radicalmente diversa, e se vogliamo più ramificata. Per quest’ultimo, quindi, il supporto cambia in base all’arma acquisita, sortendo benefici differenti e più o meno efficaci in virù di come lo stesso viene percepito; adoperando il lanciafiamme classico, si otterrà un mirino a lock-on del bersaglio, cosa che ad esempio non accade usando l’irrigatore verde radioattivo, il cui satellite consiste in uno sdoppiatore bipolare del liquame. Sicché chiedere oggettistica addizionale allo sparatutto sarebbe da stolti...

E invece Omega Five procede oltre. Realizza un level design che impone al volatore il martellamento costante, esponendolo ai raggi fotonici dei robot e dei granchi-spia pur quando gli elementi caratterizzanti dei quadri risultino già visti, in qualche altro sparatutto (il cubo a metamorfosi del primo schermo, il pitone del secondo, i detriti discendenti del terzo), fermo che la fusione di tutti questi clichè viene realizzata rispettando un montaggio sequenziale di alta scuola capcomiana, in modo che si acquisti metripixel costanti e si arrivi a conclusione seguendo sottili strategie di aggiramento. Ultimato il gioco con entrambi i personaggi ne verranno sbloccati due ulteriori, R.A.D. e Sensei, che introdurranno ulteriori elementi di consumazione sulla variazione del laser e lo sguainamento ravvicinato della katana, che è letale almeno quanto le visuali, coacervo di allucinazioni fantascientifiche. Il 3D applicato alle strutture del fondale si riempie di alfa blending massiccio, rifrazioni, trasparenze, distorsioni, rotazioni e interpolazioni, e il videogioco utilizza virtuoso le risorse del tre e sessanta creando costante la fluidità delle strutture in movimento, talune grandi cinque o sei volte lo schermo, e impressiona il videogioco per la sensazione di riempimento del rettangolo visuale, mentre non si perde occasione di rilevare, in secondo piano, l’imponenza delle edificazioni-stato. Contestualmente, e a sostegno di un sittale manifesto di assoluta tecnica, Iwatsuki si erge eroico a comporre musiche d’intersezione di stili arcade allineandosi agli effetti deflagratori, creando una zona di sostenibile ricostruzione del suono a 16 bit. Un gioiello, questo Omega Five. Grazie al quale Natsume porta nuova linfa allo spara e fuggi di metabolismo arcade, e non solo per un discorso di alta definizione: la software house ha di fatto realizzato il Forgotten Worlds del ventunesimo secolo.











  Piattaforma Xbox 360
  Titolo Omega Five - オメガファイブ -
  Versione Italiana
  Anno immissione 2008
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Natsume Company Ltd.
  Sviluppatore TENGO Project / Natsume Nagoya Studio
  Designers Adrian Ludley, Shunichi Taniguchi, Jonathan Casco, KotoB (??), Poo (??)
  Compositore Hiroyuki Iwatsuki
  Sito Web www.natsumeatari.co.jp
  Sist. di controllo Analogico - Joypad
  Numero tasti 3
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato Digital Download
  Capienza 47.18 MB
  Compatibilità XBOX Live Arcade
  Genere Shoot ’em up
  Rarità / /
  Prezzo 9,49 €
  OST Sì [Omega Five sound track, 2008, SuperSweep]

 

In quanto sviluppato nel corso del 2007, nel momento in cui Microsoft imponeva ancora per i titoli Live Arcade il limite di 50 MB (lo avrebbe esteso solo alla fine dello stesso anno, portandolo a 150), il videogioco Natsume risulta per ovvie necessità di ottimizzazione dello spazio sprovvisto di sequenze di presentazione e intermezzo. Ultimando con Sensei, Omega Five rivela il Retro Mode. Modalità riassumibile in una alternativa visuale e sonora in chiave “16 bit” facente uso di un filtro grafico a retinatura e di musiche che sembrano generate da un Super Nes.