Stavros 
Fasoulas, Dio dello spazio siderale. Lo guardi condurre elementi di nome 
Quedex ancora prima di
Sanxion, 
che erano due 
	orizzontali che
    avranno 
comportato frantumazioni di joystick al veterano 
	comandante di stormi, croce di ferro, medaglia d’oro al valor militare, 
colui che a fine Ottanta dopo aver prestato servizio in sala giochi si studiava europeo 
	le varianti al genere giapponese con le navi che volano. È con Delta che avviene l’emancipazione di
    Stavros, ed è con Delta che lo sparatutto inizia a parlare Commodore, ed è con Delta, 
	ancora, che tale Rob Hubbard ripiega il suono del mondo nero di stelle, che sono puntini luminosi
    multicolore, per giustificare la cognizione di lontananza, l’inavvicinabile 
	infinito. Una tecnica di programmazione austera per 
design
    fortemente devoto agli scenari classici degli shoot ’em up a otto bit, benché 
rivelatrice di
    uno stemma imperscrutabile in quei tempi dove il videogioco era lungi 
	dall’essere classato per specie e stili; e bastava, il disegno complesso, a 
	concedere la sfida.      
    Il preludio trae racconto da mille e cento
    sequenze di cinema di fantascienza trascendente, attuando comunque in 
	raccordo di 
	accettabile pathos:
    nello spazio vi è una colonia aliena chiamata Delta nel cui luogo
    di transito sono improvvisamente scomparsi fior di cargo di trasporto passeggeri. La 
	confederazione stellare incarica allora
    il miglior pilota della accademia di perlustrare la zona e registrare eventuali 
	presenze extraterrestri; la situazione precipita quando, racatosi sul posto, l’eroe si 
	ritrova in un ambiente mistico, un buco nero brulicante alieni e 
	sculture mai concepibili dall’umana arte. Delta comincia 
	adesso,
    con la classica missione disperata. Si tenterà di uscire vivi, per l’ennesima volta,
    dal teorema dello spazio ostile proteso elegante alla bidimensione 
	surreale, cose e mostri che attaccano in geometria e vanno dritti.
    Territorio visuale difforme da quanto allora visto sul Commodore 64, e
    abbastanza distante dallo stesso 
	Armalyte
    (che venne poi importunamente scambiato per il sequel ufficiale di Delta). La radicalizzazione
    del processo di sparo, che si vincola a un level design di schemi, si manifesta
    in forma di shoot ’em up di assoluta inerzia, e quindi attraverso 
	l’invenzione dello shooter a scorrimento di classe occidentale.
    Delta spara rigido e immutabile fugge, fino 
	alla deriva. Il percorso di guerra avviene nella alternanza di sezioni a
    scansamento e rapide azioni di attacco. Assunzione rigorosa, per riuscire a
    infilarsi all’interno di canali di cinque o sei pixel, mentre lo scrolling accelera e
    l’occhio impazzisce in una spirale di frustrazione violenta. La estetica della opera
    Thalamus è un inno allo sviluppo rettilineo omogeneo, un archetipo che però si
    nutre di invenzioni riscontrabili, atti di colore; la sobrietà estrema del 
	fondale si contrappone ai 50Hz ancorati, all’animazione della astronave che 
	diventa istantanea nonché paradigma dei generi. Rilevante stralcio di shoot 
	’em up 
	successivi avrebbe costruito sull’innovazione di questo oggetto volante 
	mirabilmente animato, che ruota sul suo asse assumendo corpo, divenendo 
	argomento futurista, futuribile per viaggi a velocità warp. Delta è zone di 
	oscurità critica, fissità del buio, paura del nulla che ha sede oltre la 
	stratosfera. Le stelle sullo sfondo, troppo distanti da essere raggiunte, 
	descrivono il contesto di impossibilità che l’autore esercita in fase di 
	navigazione, ché se non si è subnormali non si vince. Fasoulas rivendica il 
	diritto all’europeismo, per cui munito di paraocchi dà alla luce il 
	videogioco per veri piloti di caccia stellari, licenza da esibire due giorni 
	prima della partenza, vidimazione di alti funzionari del congresso. Ché se 
	non si è piloti si perde. Si resta spauriti e si cade, assieme all’umanità, 
	appena dopo il decollo. Sicché Rob Hubbard impone una 
	colonna sonora che ancora adesso vuol restare indimenticabile al primo 
	caricamento, struttura di suoni che
    evocano storie di guerre stellari antiche, solitudine spaziale, avventure 
	senza ritorno, costellazioni.
    
	
	