STEEL SAVIOUR
di @Luca Abiusi

In contromisura di power-up e a disfacimento delle strutture, e gli ectoplasmi di fine missione, rinviene il bagaglio di conoscenze bidimensionali di un videogioco ’Novantotto stampato su alluminio Clickboom per i chipset Amiga accelerati e di titolazione T-Zero il cui grandeggiare, in overscan, a bassa velocità, ma a disinvolto dettaglio fu improvvisamente zeppo. Si viene a sapere che le risorse umane dietro a Steel Saviour e T-Zero corrispondono, con uno Steel Saviour che di traverso arriva più rapido non tanto sulla cadenza dell’aggiornamento, trattenuta ancora, quanto nella forma di aggressione del nemico, che intercorre a uragani. Lo schermo che si investe di oggetti è tra le qualità incipienti del videogioco Steel Saviour, il quale crea la proliferazione di proiettili e astronavi suicide, e che incorpora una realizzazione tecnica abbastanza estrema da saper muovere un apparato bidimensionale di sontuosità giapponese, di esagerazioni visive ancestrali quanto i metalli incisi di simboli di eleggibili alieni, verso il mondo quattro o cinque, quelli che si ritrovano più avanti, ma bisogna arrivarci.   

Uscirsene con un titolo del genere (di genere) nell’anno 2004 sta a significare che sei diverso. Vuol dire chiamarsi fuori da certe logiche di produzione del videogioco per PC e insediarsi nel settore dell’indigenza; si trova un distributore minore e si pubblica, così senza pretese di ricchezza ma per essere ricordati, un giorno di febbraio, nel 2016. Il team dei realizzatori – che è italiano – cerca nuovi stili. Destreggia sul blending incandescente. Ché la questione “giocabilità”, in Steel Saviour, è marginale: ti fai carico della sfida assieme a tutto il blocco di oggetti del retrogaming che si spostano a serpente intorno al display a patto di arrivare lontano e dipartire felice in ogni caso, poiché il solo avvicinare gli ultimi quadri corrisponde alla vittoria, in Steel Saviour. È difficoltosa l’attrezzatura Atlanteq, eppure contiene appigli. Come in Gradius V, apprese le tecniche e interiorizzati i pattern è consentito di raschiare il fondo anche a livello hard. In quanto Atlanteq è hardcore. Interviene un generale interscambio di pod frontali a potenziare le armi di ordinanza e volendo dire, la acquisizione dei nuovi upgrade conduce per visuali e tecniche a un utensile che si chiama Einhänder. Ma Steel Saviour non vuol essere distruggitore di derivazione nipponica. Le collisioni sono rigide. Si guardi a uno shooter della Cave. In esso usualmente accade che il proiettile nemico distrugga l’astronave solo quando ne abbia leso il centro vitale (hitbox). In Steel Savior, di contro, l’astronave muove in frantumi anche se il proiettile ne sfiora appena un lembo di superficie. Intolleranti questi di Atlanteq. Oppure sono buoni e non hanno calcolato il fatto che soccombere presto è cosa frustrante, un affare che ti fa assumere i farmaci.

Intervengono mondi. All’inizio infuria una tempesta. Arriveranno allora le eruzioni rosse e avverrà certo lo stadio dell’energy bolt a indurre il maremoto della quarta sezione, nell’attesa che avvenga qualcosa d’altro, una specie di complimento, in quella che viene dopo. Il combo system. L’esercizio di sfioramento provoca l’attivazione di un coefficiente moltiplicatore studiato per aggiornarsi sul rateo di persistenza reso metodicamente alla sparatoria, ed è qualcosa di elegante. Le osservi presto le virtù di Steel Saviour. Largiremo plausi al suo scorrere liscio che è come a uno specchio di luce-Tesla, al centro di una elettrificazione dipinta di blu. Le grafiche disegnate per le risoluzioni standard in 800x600 pixel dei PC compatibili del periodo esibiscono un dettaglio capace di guardare noncurante alle arrivanti generazioni di console in HD attivando un’ampia selezione di effetti visuali, e non volendo considerare il multiparallasse appartenente a questi ultimi si procede all’uso intensivo dell’anti-aliasing ad ampio raggio e di tutta l’illuminazione dinamica dell’universo, in mezzo al trilinear filtering, allo scaling, alle rotazioni e a tot milioni di colori che a turno vogliono provocare reazioni fotosensibili e resezioni mascellari da ricomporre col filo di ferro così al volo, mentre ancora si spara. E questo prima che il suono dei mostri-guardiani inizi a spaventare. Vi è questo bel rumore realizzato da Nicola Tomljanovich (F17 Challenge, Top Wrestling) che mantiene viva la sofferenza; il techno-rock sperimentale con varianti, paranoide, paradossale rompe il muro del campionamento, muove la detonazione in quanto atto parallelo al vibrare di sfondo. Steel Saviour colpisce forte dentro. Sparatutto di qualità diffuse e indubitabili, mostra il fianco a intermittenti imperfezioni sul calibramento della difficoltà, e tuttavia si porta da casa un grado di competenza tecnica difficilmente osservabile anche nei più moderni shoot ’em up giapponesi.     









  Piattaforma Windows PC
  Titolo Steel Saviour
  Versione Italiana
  Anno immissione 2004
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Ludonic
  Sviluppatore Atlanteq (Atlantide Design)
  Designers Igor Imhoff, Simone Boscarato, Alessandro di Michele, Andrea Morolli [....]
  Compositori Nicola Tomljanovich, Francesco Silvestri, Walter Babbini
  Sito Web www.steelsaviour.com
  Sist. di controllo Digitale - Joypad
  Numero tasti 4
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato CD-Rom
  Numero supporti 1
  Compatibilità Windows 98/Me/2000/XP/Vista/7/8/10
  Requisiti tecnici Pentium II 350Mhz, 128MB Ram, CD-Rom Drive, Scheda video AGP, DirectX 9
  Genere Shoot ’em up
  Rarità
  Quotazione 10 - 15 €
  OST No