THUNDER FORCE
di @Luca Abiusi

Per colpa della tastiera si concretizzano circostanze d’imbarazzo spaziale in situazione di avanzamento obliquo, ma anche lo shooter è uno shooter che vibra sentenza in forza d’aggiramento delle collisioni e delle installazioni nemiche col suo bombardamento di precisione e per nulla di confusione, poiché si configura tutto il contrario di una fotocopia di Xevious, qualche cosa di non visto; tempo prima, verso il 1982, quelli di Technosoft si erano annotati le idee di tale studente Yoshimura Katsunori che soleva aggirarsi per i palazzi di Tokyo-city portandosi dietro il disegno di una zona rettangolare piuttosto estesa – si era presentato dicendo che il suo programma non sarebbe stato uguale a quelli delle sale giochi tipo Space Invaders o Galaxian dove si doveva unicamente sparare – come ad apparire uomo d’affari di statura: lo presero sul serio. Il progetto venne approvato e fu siglato un contratto a mezzo cui Yoshimura-san s’impegnava a consegnare per calcolatori Sharp X1 il videogioco “Thunder Force” entro un tempo di sviluppo non superiore a mesi nove. Ma ne bastarono sei.

Il distruggitore acquista un raggio laser bifronte in atto rilevatore del territorio sulla distanza degli oggetti rispetto all’astronave, a rendere gli obiettivi di terra vaporizzabili in forma di aggancio e a determinare in parallelo l’abbattimento del nemico a linea di tiro frontale; il dispensatore di guerra, nell’Ottantatrè, serve un futuribile algoritmo di posizionamento nucleare – del nucleo – a generazione dinamica che azzarda un mandato di revisione strettamente campestre per il settore, acerbo ancora, dello sparo a rastrellamento stretto, e appresso a questo Thunder Force induce la rivoluzione dello spostamento multidirezionale quando il resto del mondo inizia appena a introdurre lo scrolling unilaterale continuo e ad arrischiare il design di migliore coerenza sugli insediamenti più arcade ed è per cui radicale, suddetto Yoshimura, quando rinnega di costiparsi all’esercizio della programmazione sottraendo alla storia il breve atollo dove i continuatori della stirpe avessero potuto ricercare motivo per imperiture nuove conquiste, ché i Thunder Force di Mega Drive e Saturn, ancorché violentissimi, non hanno inventato niente. Invece codesto pezzo di lamiera volante pensato per lo Sharp X1, che pur evidentemente ritiene le controparti digitali in un sistema di controllo a input diagonale numerico di arbitraria ostilità, vige dello statuto esistenziale dei grandi esploratori residenti in Taito e in Namco, e rivela nella misura di questi ultimi l’istinto di chi è in grado di plasmare il futuro.

S’introduce distensione di otto direzioni espanse, campi da golf technotronic di cavi ad alta tensione sulle cui tessiture si dimettono graficherie di contrasti-luce magenta soddisfacenti per colori, forme, lettere e dimensioni a bassa definizione; il videogioco adopera il metodo del riempimento geografico per assorbire geometrismo affilatissimo, contentissimo di poter formulare una ipotesi di ricostruzione di eventuali umanità estinte, qualcosa di quasi come dire umanoide, strutture ottagonali di un genere di fibra di metallo che si trova solo nei dintorni del necleo di Marte, fiumi sotterranei di ferro fuso, radiazioni di supersoli verdi capaci di squagliare le ossa, inverni di un anno l’uno tempesta di ghiaccio, fantascienze-incubo di terremoti maremoti. Placche. Non perviene colonna sonora alcuna ed è già troppo che lo Sharp X1 facesse bip, ma in ogni qual dunque il Thunder Force possiede questo suo magnetismo di suoni stagnanti che fanno tanto sparatutto ’83 tipo «al cinema Sidion danno War Games andiamo tutti al Pentagono, mi metto a disegnare i pentagoni» perché il game designer sa quel che vuole, sa come muoversi in assenza di gravità, sa realizzarsi uno stile iperestetico di grande squadratura di elementi immobili e in regime di animazione a quattro fotogrammi al secondo, sa condurre gli spazi e i tempi dell’interazione ugualmente traverso i limiti del calcolatore Z80 e supponiamo non si potesse far molto in merito alla minima frequenza dell’aggiornamento che rende i missili fabbricati dall’Impero ORN visibili appena, verso nord, sopra i terrazzamenti d’erba sintetica, presso il perimetro. Dyradeizer è cattivo. Diffonde debilitazione. Produce astenia. Ci stiamo lavorando ma potremmo tuttavia decidere di cadere. Grazie di esistere, Thunder Force.    










  Piattaforma Sharp X1
  Titolo Thunder Force - サンダーフォース -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1983
  N. Giocatori 1
  Produttore Technosoft
  Sviluppatore Technosoft
  Designer Katsunori Yoshimura
  Compositore Katsunori Yoshimura
  Sito Web www.tecnosoft.com
  Sist. di controllo Digitale - Tastiera
  Numero tasti 10
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 1
  Multiload
  Genere Shoot ’em up
  Rarità
  Quotazione 150 - 200 €
  OST No

 

Tra l’83 e l’85 Technosoft ordina un discreto numero di conversioni. Queste, programmate dallo stesso Yoshimura, saranno alla stregua dell’originale realizzate per il mercato dei personal computer giapponesi, per cui del videogioco non vi sarà alcun corrispettivo occidentale; sullo Sharp MZ-1500 il Thunder Force si distingue per lo scrolling migliorato e il suono in stereofonia. La variante “Thunder Force Construction” viene inizialmente pensata per il Fujitsu Micro 7 con un editor dei quadri, funzione che otterrà riconferma sull’oscura versione IMB JX (personal computer basato su tecnologia IMB PCjr prodotto in Giappone nel 1984 e successivamente introdotto in Australia e Nuova Zelanda). A riparare la monocromia dell’edizione PC-88 arriva sul finire dell’84 l’ammirevole port PC-98, che di fatto replica le grafiche dell’originale. Nell’85 il codice PC-6001 risulta chiaramente penalizzato in seguito alle ristrettezze di risoluzione come per il suono. Malgrado ciò, la struttura del videogioco è preservata.