URUSEI YATSURA: Beautiful Dreamer
di @Luca Abiusi

Quel che la Takahashi non ha mai compreso circa gli improvvisi momenti decostruttori di Mamoru Oshii, allor che questi ebbe ultimato il secondo film cinematografico di Urusei Yatsura, è che dovevano servire a misurare il grado di resilienza del simbolo. La dissacrazione, la remissione del modello umoristico e di gran parte dei tratti retorici estraibili dalla serie TV – e nondimeno da Urusei Yatsura: Only You – miravano a dire il vero a creare questo semantico paradosso di riequilibratura che, allontanando il cliché delle chiassose figure commedianti, le riavvicinasse a un significato iniziale più occulto e intimista. Nel 1984 non si poteva essere preparati a una cosa come Beautiful Dreamer, poiché nessuno si era ancora immaginato di potere assumere l’immutabilità del tempo, se non appunto in un sogno che avesse radicato nel continuativo presente; l’illusione di una immodificabile esistenza avrebbe quindi preso forma di unica verità concepibile, e il senso dell’assurdo sarebbe stato ricacciato al di fuori del cerchio degli eletti che non vogliono ricordare, e che intendono avventurarsi fin dentro il paese del non so che.

Al culmine del festival studentesco risulterà che «tutti gli altri potrebbero anche non esistere». In seguito, la definizione del crepuscolo della civiltà, o ancor forse della umanità estromessa per osmosi dal vaneggio di Taro Urashima – che nel palazzo del Drago era vissuto per trecento anni terrestri – diverrà, più nichilisticamente, origine di una nuova micro-genesi di accoliti caratteristi il cui unico disegno è di vivere per sempre nello stato di sospensione del liceo Tomobiki, luogo in cui gravitano gli amici insostituibili, gli unici che si vorrebbe al fianco malgrado le risse in maschera, i martelli in testa, le occupazioni lampo con i carri armati della Wehrmacht, le scariche di elettricità, i gatti, la gelosia rovente e gli insegnanti pazzi perché i giorni dell’ultimo giorno di scuola (che corrispondono all’ultimo giorno dell’adolescenza) arrivano inesorabili, inderogabili nel mondo reale e per favore «non derubarmi di questa incolpevole immaginazione», Oshii chiede, «in quanto nel mio sogno innocente non vi è parametro a cui ubbidire, e posso farti diventare chiunque tu voglia»; la sagoma varcante del regista – che lo si può intuire: è lui a osservare ripreso di schiena alla finestra – segue il balzo metadimensionale a cinepresa mobile riservato a Shinobu, paragrafo sublime, indimenticabile dove si vede lei che viene risucchiata in una spirale di ulteriore utopia nel quando lo spazio si piega e il set del film propende a collassare su sé stesso.

Salvoché di compromettersi alla zona di mezzo era abbastanza sistematico, arrivati anzi a desiderare d’introdursi ai corridoi di geometrie inesatte tanto per decantarne il sintomatico ingegno si detrarranno, dalla cadenza del suono del pianoforte e di sovrascrivibili altrui strumentazioni plurisinfoniche quanto di musicassette j-pop di etichetta Kitty Records le matrici di un teatro visuale “assoluto”, accentratore di qualunque minima criticità restituibile alla esplorazione degli abissi del cinema liquido, verde-azzurro che letteralmente risucchia la coscienza degli attori “che hanno capito” dentro a un acquario di palliative sub-allucinazioni in cui potersi rifugiare ciclicamente, e visivamente; si riscontra di un Kazuo Yamazaki al picco nevralgico delle sue mansioni di character designer, per azione di rimodellatura dissettiva dei corpi e dei volti ch’erano divenuti familiari ben prima dei passaggi televisivi, e seppure pensi che siano sempre loro non sono loro, non veramente: sono cresciuti, hanno lo sguardo penetrante, si abbandonano a un che di ermetismo post-esistenziale e danno luogo a monologhi di anarcoide antiumanesimo tra le macerie dell’antistoria degli uomini, benché il privilegio del ripopolamento del giardino dell’Eden 2.0 competerà loro e loro soltanto, sempreché non venga richiamato il tapiro, l’essere che aspira via i sogni. Il succedente repulisti di questo decorso alternativo non si poteva evitare pur nell’inconscia, disperata resistenza al disincanto messo in scena nella sequenza del risveglio, che orchestra un interminabile incubo di aberrazioni mentali e inconfessabili debolezze, consecuzione di episodi traumatizzanti che non potranno che ricondurre lì dove tutto ha avuto inizio, all’alba di un nuovo giorno identico al precedente. 












  Classificazione Film d’animazione
  Titolo originale Urusei Yatsura 2: Beautiful Dreamer - うる星やつら2 ビューティフルドリーマー -
  Provenienza Giappone
  Prima immissione 1984 / Cinema
  Produttore Studio Pierrot / Kitty Films / Toho
  Regia Mamoru Oshii
  Fotografia Akio Wakana
  Soggetto Mamoru Oshii
  Character design Kazuo Yamazaki
  Mechanical design //
  Dir. animazione Kazuo Yamazaki, Yûji Moriyama
  Compositori Katz Hoshi, Keiichi Oku, Izumi Kobayashi, Ryou Matsuda
  Sito produttore pierrot.jp
  Formato Blu-ray Disc
  Edizione Nord America [Discotek Media] - Italiana [Yamato Video / Anime Factory]
  Anno edizione 2018 [Discotek Media] - 2020 [Yamato Video / Anime Factory]
  Numero supporti 1
  Lingue JP / EN [Discotek Media] - IT / JP [Yamato Video / Anime Factory]
  Sottotitoli EN [Discotek Media] - IT [Yamato Video / Anime Factory]
  Rapporto 1.85:1
  Compatibilità Region A [Discotek Media] - Region B [Yamato Video / Anime Factory]
  Durata 97 min
  Episodi //
  Reperibilità Buona
  Prezzo 20 € circa
  OST Sì [Urusei Yatsura 2 ★Beautiful Dreamer★ Original Soundtrack, 1984, Kitty Records]

 

La iniziale dimensione “full frame” del girato viene su richiesta del regista ridotta alle estremità superiori e inferiori per figurare in sala un rapporto d’aspetto di 1.85:1; pur sebbene i primi riversamenti “home video” presentassero la “non approvata” ratio di 1.33:1, con l’eccezione di un versante DVD francese del 2004 che in effetti faceva uso della cinematografia “pan and scan”, urge dire che la corretta proporzione dell’immagine sia appunto quella in widescreen pretesa da Oshii, nonché ripristinata dalla Discotek Media in occasione dell’uscita del Blu-ray. In Italia, Urusei Yatsura: Beautiful Dreamer risulta disponibile in formato DVD, e in ratio 1.33:1, all’interno di un “Film Box” e in release singola da edicola. Yamato Video ha tuttavia promesso riedizioni multiformato in widescreen, che dovrebbero uscire nel corso del 2020 dietro distribuzione “Anime Factory”. [Update 20/10/2020] Dal 15 di ottobre del 2020 è infine acquistabile del film l’edizione Blu-ray in lingua italiana (in ratio 1.85:1, doppiaggio storico) con la nuova titolatura “Lamù, la ragazza dello spazio - The Movie: Beautiful Dreamer”; a fronte dalla indubbia pulizia del master, trasferito in digitale nel 2014, si deve lamentare la presenza degli artefatti di posterizzazione già verificabili nell’esistente passaggio Netflix. Rispetto alla controparte Discotek, il video della versione Yamato/Anime Factory sembra mancare la grana del telecinema giapponese, come conseguenza di un improprio aumento dei contrasti, da cui si evincono certi aloni di contorno oltre che innaturali alterazioni degli spettri cromatici. Nelle sequenze notturne, o comunque meno luminose, la riconoscibilità di alcuni elementi dello sfondo viene in diversi casi compromessa. Ciò malgrado, e benché colpevolmente manchevole del suono giapponese DTS-HD 5.1, che il Blu-ray nordamericano al contrario include, la release dell’editore milanese rimane interessante per la conversazione con il regista, nonché per la presenza dei sottotitoli fedeli al dialogato originale.