Nel
momento che ti arruoli a difensore di ’sti ripugnanti antropomorfi per vederli
poi tutti ammucchiati recidivare nelle stesse aberrazioni, e
parliamo chessò della Peste Nera, della tragedia del
grande smog di Londra del 1952, del massacro alla Columbine High School, degli adattamenti italiani dei film dello Studio Ghibli,
di Fortnite, Breivik e i
collezionisti di Game & Watch contuttoché duemiladiciotto anni orsono
trascendemmo proprio a salvaguardia delle loro sfortune speciali si leverebbe, in Noi Magnifico
Rettore, come l’impulso di consegnarsi al primo luogotenente in forza alla
corazzata Bydo impugnando richiesta di asilo politico quanto almeno di un
eventuale nullaosta alla carneficina™, il boudoir panoramico dove
essere testimoni dell’estinzione degli esseri viventi e di Asia Argento previa
estrazione di Kevin Spacey, ultimo uomo della terra eletto a depositario
del patrimonio genetico di una nuova super-razza che nell’anno del Combattente
Supremo per la Libertà 2057 immensurabilmente divenga paradigma di uno
stato-gestapo capace di riprodursi su criterio monosessuale. Ma sarà per la
prossima invasione. Che ci hanno detto che sta
atterrando Battle Princess Madelyn e non
sia mai di dover mancare l’occasione di trastullarsi su codeste scorrerie laterali
medievali per i televisori in aspetto 16:9 che si vendono adesso. Quelli rettangolari.
Vi è il tributo iniziale a
Chris Hülsbeck. Easter Egg vuol ritornarvi a modo di sintesi del mod
che il musicista aveva nell’89 inciso per la intro dell’R-Type di Factor 5
e ci è andata di lusso, allorché si redime su questa nuova frammentazione di
animazione di aggregamento della R-9 insieme al fotogramma che si sposta sul
pilota dal volto truce e in tuta spaziale a maniera di emulazione delle
presentazioni estremamente epiche ritrovabili sul PC Engine DUO di Gate of
Thunder; la sfida del team di sviluppo francese, tuttavia, era di riuscire a
parlamentare con i componenti interni al personal computer per vedere se vi fosse poi
avanzato un credito di manovra con cui devitalizzare l’adattamento per Amstrad
CPC 464 generato nel 1988 come port diretto da Spectrum, un programma che se
giusto appena scritto sul meglio esteso spettro cromatico dell’Amstrad avrebbe
mietuto gesti d’intesa parimenti nel 2018, sempre sottraendovi il fattore della
colonna sonora, dal momento che 64k non erano abbastanza; in ragione
d’irreversibile costante si è poi concluso
di scrivere su ambiente a 128k, in modo da poter inserire sfondi animati e
tanto di suoni scorporati dalla versione arcade procreata da questa Irem che
prima che iniziavi a giocare disseminava la sala giochi di polvere d’ossa e
macerie a che
si portasse a mente che la guerra era un fatto necessario, che altrimenti
saremmo vissuti stretti gli uni attaccati agli altri a darci fastidio fino allo
spegnimento del sole.
ManHunt è un John Woo tipo cazzi duri duri. L’aria
di Hong
Kong dev’essergli stata di conforto visto che finalmente si rivedono le persone che fanno
le coreografie; hanno stanziato i fondi utili all’assunzione di componenti
femminili fashion victim
che stiano lì con i fucili a fluttuare nel vento in Giappone, una cosa quasi
anime, un film quasi molto bello
che abbiamo visto mentre stavamo sparando alla corrente conversione di R-Type quasi
molto bella poiché bisogna calcolare il limite dello scorrimento che scorre
non tanto bene pur conoscendo bene le conclamate difficoltà che l’Amstrad trova nel
fabbricare le cose fluide, Prince of Persia escluso, ma lì non c’era lo
scrolling e nonostante questo ti sfido a contestare il colore, che tra un
po’ le grafiche sono meglio che su Master System, e sicuramente meglio che su
Amiga; quand’anche i pattern di fissione degli sprite non corrispondano
esattamente all’arcade nella routine di sganciamento del pod verso l’alieno del
primo livello, si distingue un R-Type turgido e sedimentoso col di lui quadro
aggiuntivo tutto rosso e blu da completare dopoché si è completato il giuoco di
base verso l’estremità della stazione aliena astroportuale che si deve fare
progressivamente a pezzi per non diventarne scorie Noialtri, tal che se domani
dovessimo al caso trattenere qualcuno che si rendesse disponibile a sostenere
un dibattito circa le ripercussioni dello shoot ’em up giapponese di scuola
ottantesca rispetto alla teoria dei sistemi sociali si dovrebbe in effetti indicargli la via che conduce all’Amstrad,
ma solo perché ci è rimasto dentro il plasticismo di ManHunt, uomini maledetti che
sparano, femmine alla moda che volano.